30/06/16

A spasso su The Floating Piers

Martedì, complice il tanto atteso arrivo dell'estate, ci siamo presi una bella pausa dagli esami e dopo due ore di macchina siamo arrivati di buon mattino al lago d'Iseo per andare a visitare The Floating Piers, la passerella di Christo che ormai è rimbalzata su ogni possibile e immaginabile social.
Prima di raccontarvela però vi faccio una domanda: perché questa passerella galleggiante è arte e non una semplice opera d'ingegneria? Cosa la distingue da una qualsiasi altra costruzione? 
E' perché è arancione? Perché galleggia? Perché il lago d'Iseo è un ottimo sfondo? Perché ha un'aura particolare? Perché è gratis? 

Incalzato da questa domanda mi sono svegliato molto (ma molto) presto per prendere morosa, amici e poi via, verso l'avventura! In un paio d'ore siamo al lago e cominciano le bestemmie preghiere per riuscire a trovare parcheggio. Una volta individuato scopriamo la furbata assoluta: gran parte dei parking sono (ovviamente) a pagamento e non permettono di sostare l'intera giornata ma soltanto per un massimo di 5 ore alla volta, e questo vale dalle 8 alle 23. Ciò significa che se uno vuole stare lì tutto il giorno ogni 5 ore deve tornare all'auto per pagare un secondo e un terzo biglietto. A che servirà mai questo stratagemma? Probabilmente, pensiamo, per non affollare la passerella e far sbrigare le persone. Il che ha senso, sì, ma ne hanno pure le nostre parolacce.
Se sentite di posteggi giornalieri a 15 euro da prenotare da casa dunque, fatelo senza pensieri!

22/06/16

Non scrivo come parlo

Sono di fronte al mio avversario. Ci è stato dato un tema da sostenere. Casualmente. 
Lui dovrà convincere il pubblico che educare con la violenza è qualcosa di positivo. Io, viceversa, dovrò persuaderlo che è necessario far crescere i nostri figli liberi e con un atteggiamento morbido. 
Non importa quale sia la nostra reale posizione. Dobbiamo immedesimarci, discutere, argomentare e affascinare. E non importa come. Ogni mezzo è lecito. Basta non menarsi, sì.
Questo accadeva non molto tempo fa durante un'attività di sfida argomentativa, e partendo da qui oggi vi parlo di due aspetti del nostro modo di comunicare su cui credo valga la pena di spendere qualche parola. 

Sempre più spesso mi accorgo di sentire una netta differenza tra il mio modo di esprimermi scrivendo e quello di quando parlo. La noto soprattutto durante discussioni impegnative come quella appena citata, quando c'è da avere prontezza nel ragionare e formulare risposte adeguate ed efficaci, e di pari passo devi tenere a bada tutte le emozioni che possono emergere e disturbarti, così da sfruttarle invece a tuo favore. Sapete: palpitazioni, agitazione, gestualità incontrollata, sudore alle ascelle o gambe che fanno giacomo giacomo...

Di questa disparità ne ho sempre avuto un sentore fin da quando a scuola dovevo fare verifiche scritte o interrogazioni a voce, preferendo le prime, che mi permettevano di non dover imparare una cantilena (quasi) a memoria da recitare davanti ai prof, ma di spiegare con calma e strutturare il discorso al meglio. Senza tirare in ballo per forza la scuola, la vedo anche giorno per giorno nel parlare quotidiano, attività che diamo molto per scontata ma che richiede una certa attenzione dato che oltre alle parole utilizziamo anche e soprattutto il linguaggio non verbale
Eh vabbè e che sarà mai direte voi? Beh, se sapeste che sveliamo molto più di quanto non vogliamo proprio con questo ''canale nascosto'' credo che qualche pensiero vi possa far venire. Di questo però ve ne racconta bene il Baol in questo suo post.

17/06/16

Fiamme Turchesi | Il mio racconto per il concorso europeo e-Darts

Buongiorno cervelli!
Oggi un post molto breve per segnalarvi qualcosa di bello che mi è capitato durante questa prima parte dell'anno. E sì, anche per chiedervi di votarmi (cliccando Qui e mettendo da 1 a 5 stelline)

Iniziamo da e-Darts, che è un concorso a livello europeo a cui ho preso parte scrivendo Fiamme Turchesi, una storia attorno ai 40mila caratteri che nel mese di febbraio è stata selezionata da una giuria assieme a un'altra decina di lavori per il primo step di valutazioni. Ne è seguita la traduzione in lingua inglese e una pubblicazione certa su un ebook che credo sarà disponibile tra non molto.
Il secondo passo sarebbe stato quello di nominare i tre vincitori da questa decina di racconti e... niente, sfortunatamente non sono stato scelto. Così va la vita! Ma... non tutto è finito, perché c'è un secondo premio in palio per il racconto che otterrà più voti dal pubblico dell'internet. Che sareste voi.

Questa cosa dei vincitori nominati dalla rete in realtà non mi è mai piaciuta un granché. Solitamente la vittoria va a chi ha la possibilità di smuovere il maggior numero di persone, non tanto a il migliore in gara. Però, dato che siamo in ballo, allora balliamo, e visto che non si vota completamente alla cieca, vi invito ovviamente a leggere gratuitamente Fiamme Turchesi (se vi va anche in inglese) andando a questo link, in cui poi potrete anche votare direttamente mettendo una o più stelline.

15/06/16

OpenMinded | Vivendo Ramadan, un mese tra festa e spiritualità (di Wafaa El Antari)

Nuovo appuntamento con #OpenMinded, la rubrica di guest post che vi dà un approfondimento su questioni importanti a cui solitamente dedichiamo poco spazio e tempo. Oggi torna un'ospite che già tempo fa ci ha parlato di terrorismo e Islam, e che ora, durante il Ramadan, vuole approfondire con noi questo importante momento per ogni musulmano.
Siete pronti? Tre, due, uno... Aprite le vostre Menti!

Ho sempre aspettato questo mese con gioia e anche con un po' di timore, quel timore che rendeva speciale il tutto. Ogni volta mi sento pervadere da un senso di responsabilità e mi chiedo Ce la farò a digiunare? Sarà in grado di affrontare la sfida? E' sempre emozionante sapere che questo mese è una sorta di ponte a ciò che verrà dopo, che ti cambia ogni volta in meglio.

6 giugno 2016, data importate per tutti i musulmani, è il giorno in cui comincia Ramadan, anno 14371. E' il momento più atteso e la gente si prepara molto prima della sua data per viverlo al meglio. Stando un momento sul significato, Ramadan è per eccellenza il mese in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e come prova chiara di retta direzione e salvezza; è l'ascesa del Corano al profeta Muhamad (saws) tramite l'arcangelo Gabriele. Caratteristica di questo periodo è il digiuno (si adempie a uno dei cinque pilastri dell'islam) oltre all'astensione dal fumare, bere alcool, fare attività sessuale e compiere brutte azioni.

Il digiuno è obbligatorio per tutti i musulmani. Regole e consuetudini dicono che ne sono esenti i minorenni non ancora entrati in pubertà, gli anziani che hanno perso la facoltà e la possibilità di adempiere a questo compito, i malati di mente, i malati cronici e le donne in stato di gravidanza o che allattano, che possono quindi nuocere alla propria salute e quella del bambino. Per le donne durante il ciclo invece, è possibile non digiunare nei giorni del loro periodo.
Per chi invece non riesce a rispettare il digiuno, durante l'anno vi è un recupero dei giorni per poterlo fare.

13/06/16

La democrazia da tastiera

A me non piace l'idea di una giustizia fai da te, quella che ha tanto l'aria del vecchio (e a quanto pare per molti ancora buono) occhio per occhio dente per dente. La giustizia oggi è (o dovrebbe essere) giusta perché imparziale e non condizionata dai sentimenti che ci ribollono in pancia, da quella voglia impellente di dar libero sfogo a ciò che noi riteniamo sia una punizione equilibrata a un torto subito. E lo dico perché noto che molti, soprattutto sui social, hanno la possibilità di esprimere e mostrare quale sia il proprio concetto di giustizia, di punizione a un atto criminale, e si leggono cose che, almeno per me, sono raccapriccianti. 

Un uomo violenta una donna? La soluzione nella maggior parte dei casi è la castrazione chimica. 
Un ragazzo annega dei cuccioli? Quello stesso ragazzo meriterebbe di essere ucciso per annegamento a sua volta. 
Un ladro ti deruba della tv? Deve morire male, soprattutto se vive in uno di quei campi rom che coltivano delinquenti.

E' indubbio che ci sia un problema col funzionamento del nostro sistema di punizione, reclusione e rieducazione. Quest'ultima parola poi immagino a tanti nemmeno passi per la testa. Rieducare? I criminali devono marcire al buio dietro le sbarre. 
O che quantomeno si abbia una forte percezione del fatto che qualcosa non vada per il verso giusto. Però trovo shockante notare come la democrazia da tastiera, se applicabile al mondo reale, si comporterebbe nell'amministrare un po' di giusta giustizia.

09/06/16

Ho il garage invaso dai vermi

In questi primi giorni di giugno piove spesso. Persino ora, nel momento in cui vi scrivo, sta piovendo. E cadeva la pioggia anche quando ho iniziato, continuato e terminato la mia avventura con i vermi. Sì avete capito bene: vermi! Valanghe di schifosi e viscidi lombrichi che strisciavano su tutto il pavimento del garage e poi anche in giardino, appena fuori la veranda. Roba da accapponare la pelle anche solo a pensarci. Ma fossero stati solo loro il problema... 
Erano bianchi, mollicci, pregni di bava appiccicosa e grossi quanto una mano o un pallone da basket o un cane. Creature enormi, anzi no, che dico, bestie assolutamente colossali, dei fottuti giganti dalla stazza pari a un autobus che se ne stavano lì a strisciare sotto terra, tra la nebbia e la pioggia, invisibili.

Ok, spero l'avrete capito, non mi sto riferendo certo al giardino di casa mia (altrimenti l'avrei abbandonata da un pezzo), ma vi sto raccontando de I vermi conquistatori, romanzo di Brian Keene inquadrabile tra i generi horror e post apocalittico; che poi non mi piace etichettare le storie, però capisco per molti ci sia la necessità di sapere in anticipo che atmosfere si andranno a toccare prima di leggere, ed è infatti proprie da queste che partirò per parlarvene.
De I vermi conquistatori ne avevo sentito discutere qualche tempo fa in giro per blog e le impressioni che ne erano uscite erano davvero molto buone. Qualcuno aveva provato addirittura paura leggendolo, o quantomeno un senso di ribrezzo costante, cosa che, quest'ultima, anch'io ho percepito in più scene, proprio grazie al modo da brivido in cui sono narrati gli incontri con le creature.

06/06/16

#MyTesyTelling | Sampei, pescatore che parla in pubblico

Erano i primi di maggio e galleggiavo sperduto in un mare di materiale da cui dovevo pescare un che di utile. E all'improvviso, nella casella messaggi della mia pagina Facebook, ecco qualcosa che mi lascia per un secondo a bocca aperta...

''Bada a come parli, se no ti strappo le labbra e te le appiccico agli occhi, così vedi quello che devi dire!'' [Robin Williams]

A ripensarci mi viene proprio in mente un pescatore. Uno però che va per prendersi una trota e poi finisce a fare surf come Sampei sopra a un dinosauro con l'amo alla bocca che ti fa fare il giro turistico del lago.
L'intenzione era quella di farmi notare da una professoressa esperta di storytelling in modo da coinvolgerla e poterle chiedere più informazioni per il mio progetto. L'idea fu allora di sfruttare l'evento sociale UniVr in a Day e tramite Instagram promuovere l'hashtag #MyTesyTelling sperando che il suono così affine alla sua materia le mettesse un po' di curiosità e infatti, beh, ecco, insomma... la preda ha dapprima tirato uno strattone con un cuoricino, poi un secondo con un MiPiace su Facebook, finché non ha ceduto con l'iscrizione alla mia FanPage.
Infine però ecco il fatidico messaggio, che pressapoco diceva così:

Ciao! Insegno al corso di laurea magistrale di Editoria e Giornalismo e il tuo progetto ha attirato la mia attenzione
Maccerto mia cara, era tutto calcolato dal sommo maestro degli inganni! Per questo ora il tuo sapere storytellinghesco sarà mio muahahahaha...
Ti andrebbe di venire a parlarne la prossima settimana in classe da me a Verona? Saremmo molto curiosi di conoscerlo meglio. Fammi sapere eh!
...hahahahahaha ah ah ahah ah ah a a... CHE COSA? Parlare in pubblico io??? Ma che significa?

E qui insomma parte la scena di Sampei convinto di prendere il pesce ma che in realtà si fa prendere dallo stesso. Sì perché arrivata così, io 'sta proposta non me la sarei mai aspettata. Ché voglio dire: chi sono io per venire a parlare davanti a dei laureati? Poi però ho fatto un po' scemare l'ansia da folla che mi fissa in silenzio, e ho pensato che in effetti sarebbe stata una bella occasione per pubblicizzare il progetto e per chiedere direttamente a degli studiosi di storytelling quelle dritte che stavo appunto cercando.

01/06/16

L'indifferenza che ti uccide

Forse avrete sentito in questi giorni della storia di Sara, la ragazza bruciata viva dal suo ex fidanzato, quella che oggi potrebbe essere ancora qui se gli automobilisti a cui aveva chiesto aiuto si fossero fermati o avessero anche solo chiamato il 113. Probabilmente avrete anche letto (e magari dato dei giudizi) proprio di questi ultimi, che comportandosi come degli ignavi o persino degli assassini, si sono fatti bellamente i fatti propri lasciandola sola. 
Ma quante altre volte sono accaduti fatti simili? Possibile che la società in cui siamo abbia creato dei mostri incapaci di agire persino in situazioni tanto gravi?

Il molto discuterne mi ha fatto tornare alla mente alcuni studi fatti durante le lezioni di psicologia sociale, in particolare di quando si era trattato dell'enorme potere che hanno su di noi le situazioni, capaci di innescare in persone perfettamente sane ed equilibrate comportamenti violenti al limite dell'assurdo, ma anche inazione, incapacità di agire di fronte a casi come quello di Sara.
E' chiaro che davanti a esempi tanto inumani sia facile stupirsi e dare giudizi che cercano di svelare il perché di tali comportamenti. C'è anche però chi non si accontenta e vuole vederci chiaro, e tra questi, per esempio, i due psicologi sociali di cui sto per raccontarvi, tali John Darley e Bibb Latané, che già nel 1968 simularono in laboratorio situazioni analoghe.

Scelsero alcuni ragazzi che presso il dipartimento di Psicologia della New York University si sottoposero al test. Dopo aver compilato alcuni questionari, ognuno di loro fu condotto in una stanza differente e collegato a cuffie e microfono. In realtà, sotto osservazione da parte degli scienziati, vi era soltanto una tra tutti i soggetti: Sabina, poiché gli altri prestavano parte a una messa in scena ben costruita e concordata con gli sperimentatori.
Il gioco consisteva nel parlare a turno raccontando dei propri problemi legati al mondo universitario. Tra queste persone, una era designata come vittima, e infatti, dopo il secondo giro di ascolto/racconto, Sabina la sente lamentarsi sempre più intensamente, esprimendo dapprima disagio, e poi vero e proprio malessere, accompagnandosi da imploranti richieste d'aiuto. E' in pericolo di vita.
Il test è per Sabina. Gli altri, ovviamente, non prestano alcun soccorso. E lei però mostra chiaramente un disagio. Si tormenta le cuffie, muove il microfono, si guarda attorno, suda, ha le palpitazioni, si alza dalla sedia, si risiede. Alla fine, però, non interviene.

30/05/16

Se la pagina Facebook non decolla

Se Facebook mi azzoppa io devo chiedere a voi le stampelle. Non ho altro modo. 
Dopo aver sentito dell'ennesima lamentela da parte di  altri blogger e youtuber (come Germano Hell e Rick Dufer) ho anch'io la necessità di chiedervi una mano e lo farò spiegandovi in breve come funziona Facebook e in particolar modo cosa sta dietro la gestione di una FanPage e il suo pubblico. Sarò breve, promesso, e sono sicuro che questa roba potrebbe anche tornarvi utile.


Partiamo dall'inizio. Il mio blog, per raggiungere il suo pubblico, utilizza vari strumenti tra cui i social media (tutte le piattaforme in grado di creare una community). Tra loro ovviamente non può mancare Facebook, il re dei social network. Proprio su questo infatti c'è la mia pagina CervelloBacato, nella quale linko gli articoli provenienti dal blog e posto contenuti anche di altro tipo, in modo da appassionare chi mi segue e creare un posto quanto meno accogliente.

Il problema di cui parlo sta tutto nel funzionamento dell'algoritmo con cui Facebook gestisce le mie pubblicazioni. Dovete sapere che se io ho 600 Mi Piace e pubblico uno status, una foto o un video, il social non mostra il mio nuovo aggiornamento tra le notizie di tutte e 600 le persone che hanno dato il Mi Piace, ma solo a una piccola percentuale. Se, inoltre, io pubblico un contenuto che porta il mio follower ad uscire da Facebook, per esempio un link al mio articolo sul blog, questo riduce ancora più drasticamente il già limitato numero di fan che lo vedranno. 
Facebook non vuole che la gente esca da Facebook. Vi vuole tutti dentro il social. Vuole che consumiate i contenuti di internet da lui. Motivo per cui molti blogger ora scrivono status lunghi piuttosto che articoli sul proprio sito, o youtuber caricano i propri video direttamente sul social invece che nei loro canali.

27/05/16

Kobane Calling | Farsi delle domande

Se bazzicate abbastanza da queste parti saprete sicuramente di quanto mi piaccia Zerocalcare. I suoi fumetti mi hanno attirato anni fa con le strisce pubblicate sul blog e poi definitivamente conquistato con le storie La profezia dell'armadillo e Un polpo alla gola, di cui comunque ho già parlato proprio qui. Se siete curiosi, andate a dare un occhio.

Oggi vorrei dire due parole sul suo ultimo lavoro, il fumetto Kobane Calling, che a detta di qualcuno è molto simile a un reportage giornalistico e in effetti potrebbe pure somigliarci vagamente non fosse altro che il giornalismo, come dice lo stesso fumettista, è qualcosa di diverso e di sicuro non è quel che lui vuol fare.
In questo nuovo albo, probabilmente il più corposo tra quelli proposti (261 pagine), Michele racconta dei suoi viaggi avvenuti tra 2014 e 2015 col progetto #RojavaCalling, che intende dare solidarietà al popolo curdo nella sua lotta all'oppressione tanto di Isis quanto dallo Stato Turco (che, come tiene a  far notare è ben diverso dal popolo che lo compone). Si va inizialmente a Mesher, un piccolo agglomerato urbano al confine con Kobane per portare medicinali, servizi, cibo e aiuti di ogni genere, e poi continuamente tra le zone del Rojava appartenenti ai gruppi di resistenza curdi YPG e YPJ e visitando zone a un passo dai militanti del califfato nero.

25/05/16

Tieni la porta

Sento profumo di cose buone, selvaggina, maialini allo spiedo trasudanti di salse calde, carré d'agnello con patate di rape gialle e burro, montone con carote, pesche al miele, tocchi di formaggio speziato alle erbe e forme di pane al burro appena sfornato, aromi che mi urlano in pancia e Dio, Dio mio, sto crepando come una bestia. Era una giornata gelida, come ora, ma ero coperto ed ero più grasso. Sicuramente poi, l'avere tutti i miei arti rendeva meno problematico inforcare le posate. Non che ora ne abbia gran necessità in effetti. C'era la neve. Una tormenta. Ci aveva investiti mentre giravamo un pezzo per il prossimo documentario sulle ambientazioni della serie. Il rifugio non era troppo lontano ma un guasto alla jeep ci aveva costretti a rimanere lì in attesa di aiuti, o in alternativa a fare una buona ora di faticaccia tra metri e metri di neve, vento e ghiaccio.
Illustrazione di MarcSimonetti che trovate qui
Restammo in due: io e il mio ex compagno di cella. Gli altri proseguirono promettendo di tornare di lì a poco coi soccorsi. Niente campo per i telefonini, chiaro. E chi arrivò infine, almeno mezza giornata più tardi, furono degli uomini in carrozza imbacuccati neanche fossero a un revival medievale, caricandoci sgraziatamente a bordo e dandoci una magra ospitalità tra le mura di un maniero in piedi per miracolo.
Questo fu un mese fa. Alla seconda settimana di prigionia il fonico fu scuoiato e dato in pasto ai cani e un po' anche a me. Dicono che i tripponi sopravvivono a lungo con tutte le riserve di grasso che hanno. I miei amici, almeno, dicevano che io potevo star sicuro che di fame c'avrei messo del buon tempo per schiattare. Più probabile un infarto invece. Finisci i tuoi libri ciccione di merda, prima che ci lasci le penne e una fottuta serie incompleta tirata avanti per i capelli da un serial tv che pare sempre più Cento Vetrine!

20/05/16

#MyTesyTelling | E il materiale, ora, dove diavolo lo trovo?

''Tanto l'uomo è gradito e fa fortuna nella conversazione e nella vita, quanto ei sa ridere.'' 
[Giacomo Leopardi]

Ci eravamo lasciati con la conquista del relatore perduto. La scorsa volta vi ho raccontato infatti di quei giorni un po' confusionari in cui non riuscivo a trovare un professore disposto a seguirmi nella tesi, e di come l'argomento incomunicabilità fosse stato poi scartato in favore de il legame tra giornalismo e storytelling.
Oggi vi parlo quindi degli sviluppi successivi, in particolare di incontri avvenuti non solo faccia a faccia, ma anche e soprattutto via web, ché #MyTesyTelling nasce qui su internet e io, sto internet, devo sfruttarlo al 100%, e quindi...

Avevo l'argomento. Avevo il professore. Ora però, questo benedetto materiale, dove diavolo lo andavo a pescare? Dopo esserci accordati su quali fossero gli step successivi, è partita la fase di ricerca sia mia che del prof.
Il primo passo quindi è stato chiedere consiglio a zio Google. Ne sono venuti fuori articoli su articoli su articoli di chiacchiere. E poi commenti e opinioni, wow, fico, come no! ma niente libri di testo a cui fare riferimento e nessun dannato saggio che potesse veramente portarmi a un'argomentazione di spessore. Basare una tesi sulla fuffa quindi? Partiamo bene!

17/05/16

Certe cose non si possono né dovrebbero raccontare

Ieri sera, durante i nostri esperimenti di scrittura assieme a quella banda di pazzi di Accademia Orwell, si parlava di narrazione priva di barriere morali e pregiudizi, intendendo cioè l'atteggiamento che dovrebbe avere un autore di guardare  la propria storia sotto diversi punti di vista. L'idea insomma è osare, sperimentare, lasciarsi portare dal racconto, anche e soprattutto giocando con elementi che riteniamo intoccabili per costrutti e pressioni sociali che per forza di cose possediamo.

La prendo larga. A un certo punto è stato citato il regista Lars Von Trier e la sua dichiarazione al festival di Cannes 2011

''Hitler lo capisco. Ovviamente ha fatto molte cose sbagliate, assolutamente, ma riesco a immaginarlo mentre sedeva nel suo bunker quando tutto era finito.''

e si è fatto notare come a questa frase tutti si siano indignati, specie la direzione del festival.
Il punto ora non è Hitler. E' un esempio. Il punto è l'atteggiamento dell'autore, ma anche solo delle persone, riguardo un dato storico o un personaggio che è diventato nel tempo una base di partenza e di giudizio su cui ragionare, accusare, additare, costruire, disfare, discutere. Una base da cui nascono linee di pensiero tra le più disparate, ma che resta solitamente fissa.

Von Trier ci gioca. Ma non scherzandoci. La usa per guardare questa figura tanto controversa nella sua parte umana, nel momento in cui è un uomo distrutto che sta per morire. Prova simpatia intesa come condivisone di emozioni e sentire comune. Empatia. 

La discussione utilizzava questo esempio forte per ragionare sul fatto che chi narra dovrebbe avere il coraggio di raccontare e non dire (e dirsi) E' così come penso io e ora te lo spiego. Si invitava quindi a immedesimarsi in situazioni, persone e luoghi visti normalmente in un dato modo, probabilmente superficiale, sicuramente limitato a una delle tante possibilità; e a raccontare una storia, azione non esauribile con lo scrivere ma feconda anche intimamente ascoltando quel che si vive, trovando un buon modo di creare alternative capendo meglio ciò che siamo e abbiamo attorno.

13/05/16

Tutto questo brutto sangue

Avanti. Vediamo se trovi il coraggio. Se hai le palle di sintonizzarti con me, mettere play e starmi a sentire per una buona, fottuta volta. Sì, sto parlando proprio a te che stai leggendo queste parole. Ascolta la musica che c'è qui all'inferno e prova a sentire quel che sento io. Non l'hai ancora premuto vero? Schiaccia su questo dannato play! Fammi vedere, mostrami di che sei capace, perché io lo so che tu non hai la più pallida idea di quanto sia una merda essere un uomo, intrappolati in questo schifo, e allora, Dio, adesso te ne stai muto e vivi sul serio, per una volta.
Prova cosa significa spingere l'acceleratore con l'aria gelida che ti spacca la faccia e lo stereo che grida, guarda come scivola via l'asfalto arancione dei neon della notte, in questa città di coscienze malate terminali. Riesci a sentirlo? La vedi la paura ad ogni sorpasso, il brivido che ti tiene in bilico tra una lamiera insanguinata e la folle corsa di un povero cane bastonato, stufo di tutto questo?  Oh, tu non lo sai, ma capirai presto, capirai senz'altro. Perché capisci, ho deciso di venire a dirtelo in faccia e sfilarti dalle mani il mio ultimo istante di vita, mentre la strada è investita dagli pneumatici e dal temporale, e tutto quel che ho fatto di buono per costruire qualcosa se n'è andato a fanculo per l'arroganza del tizio che ora è qui con me, nel bagagliaio, a pezzi e chiuso in un sacco come la peggio monnezza del tuo fottuto mondo.

10/05/16

#MyTesyTelling | A primavera si corteggia

Che non fosse semplice trovare un professore disposto a fare da relatore per la tesi lo sapevo, e però Cristo santo, che opera di corteggiamento che c'è voluta! 

''Il corteggiamento è una forma di accattonaggio. Non a caso la dichiarazione una volta si faceva in ginocchio.'' [Gianni Monduzzi, Orgasmo e pregiudizio]

Non si è trattato certo di conquistare una donna o di pregare qualcuno in ginocchio, ci mancherebbe, ma vi assicuro che le difficoltà sono state più del previsto. E' cominciato tutto verso novembre durante il primo semestre dell'ultimo anno. Studiando comunicazione mi venne l'idea fulminante di una tesi che avrebbe toccato parecchi dei corsi affrontati in questi anni, e più passava il tempo più mi convincevo che il tema centrale su cui lavorare dovesse essere, paradossalmente, l'incomunicabilità
Studi comunicazione e tratti del suo contrario? Sei un genio!
Certo che lo sono, grazie grazie, lo sapevo anch'io.
Sì ma non vantiamoci troppo adesso che inizi a starmi un po' sulle balle, amico!

Era una tematica perfetta. Potevo richiamare gli studi di psicologia sociale, di filosofia, di sociologia, di logica e filosofia della scienza, e perché no mi sarei potuto sbizzarrire facendo anche un bell'approfondimento sul rapporto scienza e società, o magari sul mondo dell'internet, qui dove i social spopolano e dove tutti condividono e parlano di tutto e nonostante ciò si litiga, si è sempre in guerra, in tensione costante e non ci si capisce mai. Sembra proliferare un'incomunicabilità delirante nel bel mezzo del trionfo tecnologico della comunicazione. Diavolo, sarebbe stata una ficata!