01/09/16

La pazza gioia

Beatrice è una gran signora e passeggia per Villa Biondi riparandosi dal sole con un ombrellino. Lì attorno c'è un gran daffare e lei, spigliata ed energica, dispensa preziosi consigli coordinando il lavoro di tutti. Sospinta da una certa aria di superiorità morale e sociale, nonostante soggiorni in una comunità terapeutica, è convinta di esserci per errore, per uno stupido complotto giudiziario. E costretta in quel luogo abitato da matti si adopera comunque per dare una mano (più che altro a chiacchiere) tirandosi virtualmente fuori da un contesto che ritiene non possa e non debba appartenerle.
Donatella d'altro canto, è una ragazza taciturna e smunta, e non appena giunge nella comunità entra immediatamente nelle grazie di Beatrice. Nasconde un dolore immenso che però condivide con molta naturalezza alla compagna, tanto schietta e genuina questa, da riuscire diventarle amica e complice.
Nasce allora un'intesa che le porterà a prendersi un giorno libero da tutto e da tutti, in una fuga rocambolesca alla ricerca di un po' di gioia che magari faccia ordine alle loro vite in totale confusione.

L'ultimo film di Paolo Virzì, che già avevo molto apprezzato con l'ottimo Il capitale umano (ne ho parlato qui), regala un piccolo scorcio sul tema ambiguo e delicato della pazzia, quella di due donne considerate a tutti gli effetti matte e che si scontrano con un mondo che non riesce ad esserle amico. 
Quello che più mi ha colpito, oltre all'incredibile bravura nello sceneggiare un argomento tanto difficile, sono state in particolare l'alchimia delle due protagoniste e ovviamente la grande prova attoriale di Valeria Bruni Tedeschi, una Beatrice tanto complicata e instabile quanto spiritosa e imprevedibile. Personaggio che grazie alla leggerezza con cui affronta gli eventi riesce persino a dare nuova linfa vitale all'amica, tramutandola in un'ancora di salvezza contro la disillusione che la vita le riserva.

Sicuramente è il tono molto leggero della storia a dare i risultati migliori. Perché osservando l'imprevedibile fuga delle due donne si ha sempre il sorriso in bocca, sia per il contrasto fortissimo delle due personalità in gioco, sia per le molte uscite indelicate (ma genuine) di Beatrice, che puntano il dito spesso e volentieri alla falsità e agli atteggiamenti di circostanza di cui la gente si serve. Scomodando anche il nostro senso di sicurezza, invadendo quella linea sottile che divide il sano di mente dal folle, dal malato, da quello anormale.
L'importanza del tono poi si mostra ancora più efficace nei momenti drammatici, che arrivano pian piano, sospesi tra i sorrisi che poco prima erano irresistibili, mostrandosi poi con tutta la loro forza mentre il fiato ti rimane incastrato in gola. E solo allora, in religioso silenzio, vedi davvero cosa sia la pazzia di queste due donne, e cosa sia la realtà là fuori, e cosa siano le persone che ne fanno parte. E quel sorriso di prima ti rimane, ma è amaro.

Come per Il capitale umano insomma, anche questo nuovo lavoro di Virzì è da vedere. E nel caso l'abbiate già fatto, ovviamente, sono curioso di sentire Voi come l'avete trovato.

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