18/07/16

#MyTesyTelling | Che cos'è lo Storytelling?

I repubblicani dicono: "Vi proteggeremo dai terroristi di Teheran e dagli omosessuali di Hollywood". Noi diciamo: "Siamo per l'aria pura, scuole migliori, più assistenza sanitaria". Loro raccontano una storia, noi recitiamo una litania". 
[James Carville]

A #MyTesyTelling vi parlo finalmente del saggio con cui ho iniziato la mia ricerca per la tesi di laurea. Come dicevo, l'argomento centrale verterà su il rapporto tra storytelling e giornalismo, e per forza di cose il primo passo per capire che cosa scrivere non poteva che essere verso questo benedetto storytelling.

La scorsa volta raccontavo di come grazie al vostro aiuto avessi scovato il saggio di Christian Salmon intitolato Storytelling, la fabbrica delle storie, motivo per cui oggi vi mostro quel che ho scoperto, facendo un po' di chiarezza su questa misteriosa parola con cui sempre più spesso sedicenti guru, esperti di marketing, comunicazione e laqualunque si riempono la bocca.

Iniziamo quindi con una definizione molto molto semplice. Lo Storytelling è l'arte di raccontare storie, né più né meno, e non è qualcosa di inventato solo di recente, un oggetto innovativo calato improvvisamente dal cielo, ma un bisogno innato dell'uomo, addirittura già presente quando abitavamo nelle caverne e riscontrabile per esempio nelle pitture rupestri. Ma il perché qualcosa di tanto antico oggi si mostri con un appeal rinnovato è presto detto: il racconto è uno strumento preziosissimo perché appassiona e cattura, e qualcuno se n'è accorto e lo ha utilizzato per coinvolgere, persuadere, vendere e confondere.

Salmon presenta una varietà di esemplificazioni abbastanza vasta, ed evidenzia come lo storytelling sia impiegato tutt'ora nei campi più disparati. Si parla di storie che vanno in soccorso dei grandi marchi e dei loghi in crisi, di imprese che valorizzano il proprio universo narrativo tramite lo storytelling management, di strategie di vendita e cambiamenti nel sistema dei consumi. E ancora, di politica, propaganda e percezione del potere e della sua immagine e, non meno importante, di storytelling al servizio dell'informazione e della guerra. 
Una mole enorme di applicazioni quindi, con effetti tanto positivi quanto negativi, difficilmente inquadrabili soprattutto per la prospettiva con cui li si vuole analizzare. Motivo per cui vi faccio subito qualche esempio, così che possiate farvi un'idea in merito in maniera un po' più terra terra.

Uno di quelli che più mi ha colpito riguarda sicuramente la vicenda della Nike, che nel '96 si è trovata in piena crisi per la pubblicazione da parte della rivista Life di alcune foto che mostravano come i suoi prodotti provenissero dallo sfruttamento minorile. Un danno d'immagine enorme che è stato risolto ricorrendo alle stesse tecniche dei propri detrattori: storie, però nuove ed edificanti. 
Ecco allora l'importanza di puntare non più sul prodotto in sé, sulle caratteristiche qualitative e utilitaristiche che lo determinano, ma piuttosto sull'emozione che esso suscita, rendendo i consumatori parte di un universo narrativo attivo, rendendoli storytellers a tutti gli effetti, venditori di storie che vogliono appartenere a quelle stesse storie. Indossare Nike racconta qualcosa.
Se siete curiosi di leggerlo
 potete trovarlo QUI 

Molto interessante anche lo scontro John Kerry e George W. Bush, a caccia di consensi con due approcci totalmente differenti. Il primo cercava di convincere l'elettorato con la logica e l'intelletto mentre il secondo, poi vincitore, ricostruiva la storia della guida forte e infallibile, del presidente che tiene ad ogni singolo americano, soprattutto ai più deboli. Come Ashley, una bambina che nell'11 settembre aveva perso la madre e che ora, qualche anno dopo, viene notata dal presidente durante una parata. Lui la prende in braccio e le chiede come sta. Lei in lacrime lo abbraccia e più tardi dirà davanti a una telecamera "E' l'uomo più potente del mondo e vuol essere sicuro che io stia bene".

Curioso poi lo sbocco che lo storytelling trova nell'addestramento delle forze armate. Queste, già abituate a training con simulatori a realtà virtuale dal fotorealismo sempre più accurato, ora sono al contempo immerse in storie plausibili che fanno da fondamenta fertili dell'esperienza "videoludica". Si va quindi ben oltre l'inganno dei sensi, così da suscitare un certo tipo di emozioni volte a testare le reazioni sotto diversi tipi di stress, di scelta, e di possibilità.

E di questi esempi ce ne sono molti altri ancora che ovviamente, per mancanza di tempo e spazio, non posso riportarvi, ma che evidenziano bene come la narrazione di per sé, sia uno strumento eccezionale e davvero versatile, e che come tale può essere finalizzato sia per cause nobili che per mera manipolazione. 
Ovviamente è un libro che vi consiglio caldamente. E' una lettura scorrevole e piacevolissima, piena di curiosità e spunti che possono certo tornare utili. Un vasto spaccato sullo storytelling in grado di farci suonare qualche campanello d'allarme ogni qual volta venga impiegato per scopi positivi e (purtroppo) non.


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