13/06/16

La democrazia da tastiera

A me non piace l'idea di una giustizia fai da te, quella che ha tanto l'aria del vecchio (e a quanto pare per molti ancora buono) occhio per occhio dente per dente. La giustizia oggi è (o dovrebbe essere) giusta perché imparziale e non condizionata dai sentimenti che ci ribollono in pancia, da quella voglia impellente di dar libero sfogo a ciò che noi riteniamo sia una punizione equilibrata a un torto subito. E lo dico perché noto che molti, soprattutto sui social, hanno la possibilità di esprimere e mostrare quale sia il proprio concetto di giustizia, di punizione a un atto criminale, e si leggono cose che, almeno per me, sono raccapriccianti. 

Un uomo violenta una donna? La soluzione nella maggior parte dei casi è la castrazione chimica. 
Un ragazzo annega dei cuccioli? Quello stesso ragazzo meriterebbe di essere ucciso per annegamento a sua volta. 
Un ladro ti deruba della tv? Deve morire male, soprattutto se vive in uno di quei campi rom che coltivano delinquenti.

E' indubbio che ci sia un problema col funzionamento del nostro sistema di punizione, reclusione e rieducazione. Quest'ultima parola poi immagino a tanti nemmeno passi per la testa. Rieducare? I criminali devono marcire al buio dietro le sbarre. 
O che quantomeno si abbia una forte percezione del fatto che qualcosa non vada per il verso giusto. Però trovo shockante notare come la democrazia da tastiera, se applicabile al mondo reale, si comporterebbe nell'amministrare un po' di giusta giustizia.

C'è una donna che si sveglia di soprassalto. E' confusa, non capisce dove sia e non ricorda nemmeno chi è. Per la testa ha l'immagine confusa di una bambina e di un uomo. Osserva fuori dalla finestra: fuori pare deserto. Esce di casa e si guarda attorno. Nota che i propri vicini la spiano dalle loro abitazioni e la filmano. C'è anche della gente per strada che in silenzio e armata di smartphone la riprende. 
A un certo punto, da un auto, scende un tipo armato di fucile che la rincorre per ammazzarla. Lei chiede aiuto ma nessuno muove un dito. Anzi, tutti corrono assieme al pazzo armato col solo intento di immortalare la scena. Ovunque vada, la donna si ritrova con dei killer mascherati che vogliono farla fuori sotto gli obiettivi di una marea di persone impassibili.

Quella che vi ho appena raccontato è la trama, in breve, di un episodio di Black Mirror. Ciò che accadeva alla donna era la sua personale, spettacolare e violenta forma di punizione. Uno show interattivo per la massa giudicante, che gode nel poter finalmente sfogare la propria sacra sentenza verso una criminale da punire. Ovviamente mancano i dettagli, ma credetemi se vi dico che c'è molto più di quel che vi ho accennato in questa storia. Si tratta di una forma di vendetta ben strutturata e spettacolarizzata, che prevede violenza e libero sfoggio dei nostri sentimenti più viscerali.
Ed è proprio come internet. E' lo specchio di quella democrazia da tastiera di cui vi parlavo sopra. Perché è palese, no? Se qui su internet tutti possono dire la propria, e se tutti potessero giudicare una persona colpevole o meno, quella non sarebbe necessariamente vera espressione del popolo? Democrazia nella sua forma più pura?

Qualcuno direbbe di sì. Ne sono certo. Hanno pure già parlato di democrazia via internet se ricordate. E a me spaventa. Perché questo dei social è uno riflesso del mondo reale, un'immagine che lo rappresenta, ma che non è. Non sarebbe facile votare tutti da casa con un singolo click? E non vi parlo di elezioni, ma di qualunque cosa. Tutti decidono.
E però... se la massa è stupida? Se la maggioranza sbaglia? Se si fa imbrogliare? Perché non è un mistero, nemmeno in ambito di ricerca scientifica, che le masse (s)ragionano al pari di un'entità propria, quasi che il singolo venga annullato assieme alla sua capacità critica. E questo credo sia il vero pericolo di quel che potrebbe essere e che in parte già avviene (anche qui, non solo nei social).

E' vero che per andare in cabina durante un Referendum si fa fatica ad alzare il culo per mettere una crocetta. Ci vuole uno sforzo fisico e anche uno mentale. Se non si ha interesse, se non ci si è informarti un minimo o se non si crede davvero in ciò che si fa, si rimane a casa e non si esprime il proprio voto. Non è come mettere un Mi Piace dal proprio pc. Non è democrazia da tastiera, fortunatamente. E la giustizia, grazie a Dio, non si fa così. Non è uno show in cui tutti possono partecipare, regalandoci l'importante pensiero che le loro menti argute hanno partorito e poi applicarlo.
Il mondo vero non incappa in quei giochetti disumanizzanti che permeano la rete. O almeno, lo fa, ma non ai livelli estremi di un social. Ma questo discorso, in parte, lo potete trovare ben espresso Qui. La distanza tra le persone, schermate da pc, tablet e smartphone, cambia la percezione che abbiamo della sofferenza altrui, del dolore, di ciò che realmente facciamo premendo dei tasti su una tastiera. Il nesso tra un click e le conseguenze che ne derivano. La causa e l'effetto che invece, messi lì di persona con qualcosa o qualcuno, sentiamo in modo più intenso, non più solo tramite empatia.

Tutto questo per dirvi che sì, la puntata Orso Bianco mi ha abbastanza impressionato, proprio in virtù di quel che vedo ogni giorno su Facebook quando ogni persona esprime la propria opinione sull'ultimo fatto di tendenza. Cosa sacrosanta, per carità, ma che spesso e volentieri mette i brividi e che fortunatamente ha conseguenze limitate. Non come in quell'episodio, dove la giustizia è alla mercé di tutti, è uno spettacolo pubblico, è un gioco perverso dove chiunque può mettere bocca e fare la propria parte.

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