Era una
corda di violino, teso all'inverosimile. Il padre del teletrasporto, il genio supremo, se la stava facendo sotto all'idea di entrare in
quella porta a sinistra per poi uscirne dall'altra, alla sua destra.
''Forza
professore. E' pronto?'' chiese il giovane assistente.
''Ti dirò…
me la sto facendo sotto''
''Ma i test
funzionano. Non c'è nulla che non vada. Abbiamo provato con''
''Sì sì sì
chiudi il becco due minuti per favore?''
Non
servivano ulteriori evidenze del proprio lavoro per tentare di rassicurarlo,
era irritato e basta, e nessuno meglio di lui sapeva. Erano anni ormai che il
teletrasporto veniva effettuato su qualunque cosa, dagli oggetti inanimati ai
tessuti vivi, piante e persino animali. Il mondo, grazie all'incredibile
invenzione, era cambiando radicalmente. Jason Maxwell: l'uomo straordinario
destinato a mutare ogni cosa, di nuovo. C'erano già state a seguito di quella tecnologia una rivoluzione sociale, una economica e una politica senza precedenti
per rapidità e naturalezza con la quale si erano innestate e susseguite. Lui
era un pioniere, un talento sovrumano, un Dio. Lui era il futuro.
Mancava solo
l'ultimo passo. Doveva entrare in quella cabina, far si che il proprio corpo
fosse interamente disintegrato, e poi uscire dall'altra, dopo un
riassemblamento a livello sub atomico che gli avrebbe dato la sensazione di…
no, non la sensazione, l'esperienza di un teletrasporto, un viaggio istantaneo
da un luogo, a un altro.
''Tu credi
nell'anima?'' domandò lo scienziato a Mike, lì in trepidante attesa.
''All'anima?
Professore, non starà per caso''
''Zitto
Mike, ti prego. Ho bisogno di silenzio''
''Ma lei…''
L'uomo gli
fece segno di stare muto con l'indice. ''Avvia''
L'assistente
attivò la macchina. Jason Maxwell si posizionò all'interno della cabina. Doveva
solo azionare quel pulsante, premere un bottone, e poi si sarebbe ritrovato
dall'altro lato, più veloce di un battito di ciglia, più rapido di un pensiero
o dell'intenzione stessa di voler pensare, in molto meno di un miliardesimo di
millesimo di secondo. Bastava un click, uno soltanto, e sarebbe diventato il
primo uomo a provare il teletrasporto.
Prese un
respiro profondo. Contò fino a tre. Premette il pulsante. Era dall'altro lato.
Le sue paure
svanirono, ripeté l'esperimento altre tre volte, lo stesso fece il suo
assistente e poi seguendo il protocollo anche il resto dei progettisti, degli
ingegneri, dei ricercatori, degli scienziati, degli studenti. Erano tutti
entusiasti, era un miracolo, il teletrasporto, ma questo già lo sapevano in
fondo, funzionava anche sugli esseri umani. Fu il momento più bello della sua
vita, fu la scoperta più incredibile del mondo e fu l'incidente più
incomprensibile mai visto. Lo stato di euforia cessò all'ottantacinquesimo
passaggio.
John Smith
si materializzò perfettamente nell'altra cabina, ma cadde a terra faccia
avanti, privo di vita. Fu agghiacciante. Per quattro mesi l'attività si arrestò
e ci furono studi, calcoli e teorie che andarono stracciate e corrette,
risistemate di nuovo e riapprovate. Non capivano cosa fosse accaduto a Smith,
se un semplice infarto, una morte naturale, o peggio, qualcosa che dipendesse
dal teletrasporto. Nonostante anni di successi quel primo incidente, in
concomitanza con la sperimentazione umana, investì Maxwell di una valanga di
dubbi, critiche e ripensamenti, ma anche di un inatteso sostegno dal mondo scientifico. Gli
dicevano era stata una fatalità proprio come confermavano i dati, concordavano tutti, ma qualcosa
nella testa di Maxwell gli impediva di cedere all'evidenza, e senza il suo
benestare nessuno rimise più piede nel teletrasporto per molto, moltissimo
tempo.
Infine lo
fece lui. Una notte. Ubriaco. Si liberò dalle paure insane, da quella stupida
idea che lo aveva quasi bloccato la prima volta e si teletrasportò. Funzionò.
Certo che funzionò, perché non avrebbe dovuto? E lo fece un'altra volta, e
ancora, e ancora, quattro, cinque, sei, venti, ottanta volte. Lo premette per
l'ottantacinquesima volta e fu dall'altro lato, perfetto, integro. Quante altre
ne avrebbe dovute provare per convincersi che tutto procedeva perfettamente?
Cos'altro per crederci?
La mattina trovarono il suo corpo alla cabina del teletrasporto.
Guardò mentre lo sollevavano, mentre tentavano di rianimarlo. Si chiese,
guardandosi da lontano, se non fosse tutto uno scherzo assurdo, se fosse colpa
del caso, o se davvero non sempre l’anima se ne va di pari passo con la carne.
Fortunatamente, ora aveva tutto il tempo del mondo per trovare la sua risposta.