30/11/15

Il viaggio di Arlo

Il viaggio di Arlo, il nuovo film Pixar, mi ha lasciato a bocca aperta. Avete per caso amato Inside/Out? Vi è piaciuto? Beh questo gli sta tre spanne sopra senza problemi, è un piccolo gioiello degno di quell'altro meraviglioso film d'animazione a tema viaggio che è Alla ricerca di Nemo. Uscito dalla sala avevo una voglia di rivederlo che non potete capire. Quindi andate al cinema così da capirlo pure voi, su, da bravi! Ma prima... due parole.

Le prime cose che colpiscono de Il viaggio di Arlo sono l'ambientazione ''storica'' e quella prettamente grafica. Per iniziare a raccontare si parte da un what if molto semplice: cosa sarebbe accaduto se quel meteorite invece di schiantarsi ed estinguere i dinosauri avesse soltanto sfiorato la Terra?
Succede che si viene proiettati senza troppi complimenti in un mondo vasto, sconfinato e meraviglioso, in cui il foto realismo raggiunto è di un livello così elevato che più volte mi sono chiesto se quelli non fossero personaggi in computer grafica messi a muoversi su riprese reali. I monti, i boschi, i deserti, i fiumi e le tempeste sono qualcosa di pazzesco, una magia per gli occhi che ti incolla a guardare proprio come sapeva fare il già citato Alla ricerca di Nemo assieme alla sua splendida barriera corallina. Un effetto simile l'avevo notato anche in Le avventure di Tintin - Il segreto dell'unicorno, ma non in maniera costante come invece accade qui.

Sì perché il paesaggio in tutto ciò è un personaggio anch'esso vivo, ed è quel che fa muovere e smuovere i protagonisti portandoli a crescere e a scontrarsi con la realtà.
Veniamo allora a conoscenza di Arlo, un giovane apatosauro che vive con la propria famiglia in una fattoria, e assieme a lui incontriamo Spot, un bambino umano che inizialmente non manca di creargli un disagio dietro l'altro. Notiamo fin subito che l'andamento particolare degli eventi ha portato milioni di anni dopo il non-schianto a un modello di vita molto diverso da parte dei dinosauri. Sono infatti più civilizzati, non più semplici animali allo stato brado, e si organizzano proprio come sapeva fare l'uomo, cioè coltivando e allevando. Si sono evoluti e sono quindi capaci di mutare l'ambiente addomesticando la natura.
Entra in scena quindi uno tra i tanti temi affrontati dal film: la paura. Paura legata al dover crescere per adattarsi alla realtà là fuori e al confronto con l'ignoto che quando ti travolge ti trascina via come un fiume in piena.

Arlo e il piccolo Spot si trovano presto soli, sperduti nel più vasto e selvaggio dei mondi. Tra loro nasce un'amicizia e imparano a interagire e a conoscersi, condividendo momenti di gioia esilaranti (una certa scena mi ha piegato in due dal ridere) e altri assolutamente toccanti, commoventi. Entrambi crescono durante il viaggio, completandosi a vicenda così da colmare la solitudine terribile che si portano dentro e che li consuma.
Il giovane dinosauro perciò, intento a ritornare dalla sua famiglia, se ne trova inevitabilmente un'altra (anche se in miniatura) grazie alla compagnia di Spot, che in quanto umano è sì in grado di comunicare, se pur gestualmente, con Arlo, ma gli resta ad ogni modo subordinato, come può fare nello stesso caso un cagnolino se rapportato al suo padrone umano. Eccezionale quindi l'ambiguità che viene a crearsi nel gestire un simile confronto, specie se posti di fronte a scelte che intrappolano assieme ragione e cuore, che scontrano l'Io con il Tu.

In definitiva vi posso assicurare che questo è un film che non vi potete assolutamente perdere. E se ne avete la possibilità guardatelo in 3D, perché lo spettacolo che vi troverete davanti è da togliere il fiato. Tanto vi regaleranno gli occhi e tanto poi vi sapranno dare le emozioni. Famiglia, coraggio e amicizia sapranno prendervi e portarvi a sentire esattamente quel che vivono i protagonisti, in balia di emozioni nuove e talvolta un po' egoiste, ma soprattutto, perduti nella natura enorme, infinita e incontrollabile. Il Viaggio di Arlo non è un semplice cartoon, ma una poesia per occhi e cuore. 

27/11/15

Open Minded | Terrorismo: Questa Oscura Materia (di Wafaa El Antari)

Ed ecco finalmente completarsi anche l'ultima sezione di #OpenMinded, quella dedicata alla Religione. Ospite di oggi è Wafaa, una ragazza vicentina di diciannove anni che ci parlerà di Islam, terrorismo e di cosa voglia dire essere musulmani in un periodo turbolento e difficile come questo.
Pronti? Tre, due, uno... Aprite le vostre Menti!

L'Islam non è politica. Meglio metterlo in chiaro già da subito per evitare malintesi, sopratutto perché a volte leggendo i giornali, guardando la tv o seguendo qualsiasi strumento mediatico si tende a mescolare tutto in un unico pentolone. L'Islam è una religione. Per l'esattezza la più giovane delle tre grandi religioni monoteiste.
Ultimamente questa religione è diventata protagonista della Storia attuale, trovandosi al centro di questioni mondiali, di guerre in Medio-Oriente, Nord Africa e ora anche in Europa, portando così dall'idea di religione (una questione privata e personale) a un affare di progetti politici, economici e via discorrendo, creando di conseguenza un gran bel caos.

L'Islam ha una lunga storia, ricca di fatti ed eventi importanti, e si lega quasi sempre in maniera indissolubile alla tradizione che si connota in un determinato paese, instaurando quindi interpretazioni differenti nella lettura del Corano1. E' normale perciò che a volte esse collidano tra loro ed è parte della spiegazione delle tre correnti scisse dell'Islam, così come è successo per le religioni Cristiana ed Ebraica. Il tutto dovrebbe finire qui. In teoria.
Purtroppo ha preso forma un'organizzazione criminale, costituitasi subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, nelle zone dove l'Islam si è stabilito come religione di Stato. Un gruppo di idioti che ha deciso di stravolgere le parole del Corano a piacimento per il conseguimento dei propri scopi personali: i cosiddetti terroristi, i praticanti del terrore, estremisti islamici, jihadisti o come volete chiamarli voi. Io preferisco criminali, rende meglio l'idea.

23/11/15

Il canto della rivolta.

Lo scorso anno c'eravamo lasciati con il canto della rivolta fallo un'altra volta, mentre oggi siamo qui a chiederci se gli abitanti di Panem ce l'abbiano finalmente fatta o se è andato tutto a rotoli.
Ricorderete forse come io avessi trovato la prima parte di questo ultimo capitolo monca. Interessante capire la situazione al di fuori degli Hunger Games, doveroso vedere il quadro completo con ogni suo partecipante in gioco, ma tutto piuttosto limitato data la mancata risoluzione dei fatti per l'assenza appunto della rivolta.

In nostro soccorso (ma non in quello del portafogli) arriva dunque nei cinemi l'ultimo racconto delle vicende di Katniss, che mostra finalmente in tutto il suo splendore quell'eroina forte ed emancipata partorita dallo sfigatissimo Distretto 12. La ghiandaia imitatrice non è più soltanto una pedina nelle mani della fazione ribelle, utilizzata alla bisogna come strumento di propaganda, ma una donna con le palle, una che si è stufata di vedere le vite del suo popolo sprecate nel combattere se stesso sotto i piani del tiranno Snow.
Da una parte dunque Capitol City e il suo esercito di pacificatori, dall'altra invece la presidente Coin e lo stratega Plutarch, costretti a fare buon viso al cattivo gioco di Katniss, decisa più che mai a risolvere le cose di petto fregandosene dei progetti per lei ideati dai due potenti.

Ammetto che il ritmo in quest'opera conclusiva non è forse dei migliori. Si ha infatti un inizio piuttosto lento e a tratti noioso, simile a Mockingjay parte 1, che per ovvie ragioni non può più funzionare ora che si tirano le redini del racconto; ritmo che fortunatamente verso la metà ha un crescendo via via più intenso con l'arrivo di scene d'azione (poche!) ancora una volta di grande impatto visivo. E qui forse sta tutto il limite di un film che poteva dare di più.
Ti promettono un'impresa impossibile, degna di quegli Hunger Games delle prime due pellicole che non si sprecavano nel buttarti lì situazioni di merda da cui fuggire. Ti danno però un bel pugno di mosche in faccia appioppandoti una corsa disperata verso la base nemica che poi tanto disperata alla fin fine non è. Il teatro di guerra, l'azione vera, è infatti da un'altra parte mentre la nostra protagonista con un battaglione di uomini scelti agisce sullo sfondo, nella retroguardia, nelle cazzo di fogne dove il pericolo è minore e lo incontri solo quando te lo vai proprio a cercare. 

La ragazza di fuoco comunque ha il suo bel da fare per adempiere al proprio piano; è stufa di non poter decidere del proprio destino e se lo va a prendere per non sottostare ai loschi intrecci dei poteri forti. Nonostante questo però ne è vittima. Se ne distanzia subito ma senza comprenderli. E tu spettatore sei lì conscio di tutto a notarne l'ingenuità, rimarcata molto fastidiosamente da un plot twist finale che sa davvero di banale, telefonato sin dai primi minuti grazie alla faccia di bronzo di una Coin facilmente sgamabile con le mani nella marmellata. Si scade in uno spiegone inutile insomma, che vuol far capire quanto il potere sia spesso infido e doppiogiochista, come non ci fossero già stati tre film prima di questo a dirtelo senza specificarlo. 
Si può dunque definire quest'ultimo episodio un buon atto conclusivo? Direi di sì, specie osservandolo nell'ottica unitaria delle ultime due parti, ma nonostante questo non è nulla di eccezionalmente imperdibile. Hunger Games La ragazza di fuoco, il capitolo di puro intrattenimento cresciuto rispetto all'esordio per maturità, sceneggiatura e budget, resta sicuramente il migliore, perché fa ciò che deve e non s'improvvisa portatore di chissà quale indispensabile messaggio di verità.

P.s Mio fratello mi pianterà una freccia nel cuore per questa recensione.

19/11/15

Cattivo viso a buon giocoso.

Metti un paio d'occhiali sopra al tuo paio d'occhiali e hai un totale di quattro lenti: due per occhio. Se ne aggiungi ancora un paio dunque, arrivi a tre per due, tipo le confezioni di uova, e non sei più un gran bel vedere con tutta quella roba addosso. Riccarlo, stufo di essere piacente, quel giorno prese la decisione più coraggiosa della sua vita. Si affacciò alla finestra e fissò il sole. Fffff (rumore di sfrizzare)... lente per lente per lente per due occhi per tre paia d'occhiali per una scarica di raggi fotonici in gentile concessione dalla stella a noi conosciuta come Sole e voilà... occhi fritti!
Preparò la sua colazione con tutta la calma del monarca Luigiquattordici. Si prese gli occhi fritti e aggiunse un occhio di bue dalla confezione di uova, staccò le labbra di pancetta formando un bel sorriso sul piatto e riempì un bicchierone di té al giallo di cui però non citeremo la provenienza. L'english breakfast gli sorrideva bello come Riccarlo, lui ricambiava garbatamente pur privato di bulbi oculari, labbra e occorrenza di urinare. Era proprio un sollievo in effetti che non gli scappasse più da pistoia, eppure era un problema. Ricordava con estrema gratitudine i disagi che il suo essere belloccio gli causava quando girava per strada. 
Le donne adoravano Riccarlo e questo, impaurito dall'oppressivo universo femminile, se la faceva letteralmente addosso ma soltanto se bazzicava nei pressi di Pistoia. Un buon motivo, aveva deciso, per trasferirsi definitivamente in loco. Gli fu chiaro fin da sabato che alle donne non piace l'uomo che se la fa addosso imbrattandosi tutti i pandistelle. Anche perché poi hai voglia a inzupparli nel caffellatte la mattina, ché diciamocelo: quale compagna di vita vorrebbe al suo fianco un tipo che non può svegliarti pucciando il biscottone per colazione? Certo ci sono le feticiste di quella pratica amatoria estrema definita come cascata dorata, ma qui parliamo di persone normali, che diamine, mica di salmoni che risalgono i torrenti!
Dunque Riccarlo stava godendosi la propria libertà gustando occhi fritti, labbrecon, un bicchiere di tè gusto giallo e un vero occhio di bue preso dalla confezione da sei lenti che gli incorniciava la faccia orrenda. Rifletteva su quali straordinarie prospettive gli serbava ora il futuro, così imprevedibile e invisibile, ma soprattutto, così ricco di buoi deficienti di un occhio che avrebbero brucato i prati con una benda piratesca e magari un uncino nella zampogna mancante. Oh, sia chiaro, ovviamente i buoi pirati non possono suonare la zampogna, ma ogni tanto il nostro protagonista faceva ragionamenti un pochino strani e sconclusionati. Insomma, voi ce lo vedreste mai un pappagallo piratesco a dover litigare con la zampogna e le lenticchie in musica per riuscire a tener possesso della spalla del proprio padron Frodo? Non credo proprio. E poi sta frase è così lunga! 
Rifletté dunque ancora un poco nella tranquillità del mattino inoltrato. Infine decise di farsi un giro per Pistoia, di vivere sulla propria pelle l'avversione femminile dovuta non più ai problemi di piucciatura dei pandistelle nel caffellatte bensì a una nuova, frizzante e fino a quel giorno tanto bramata grave mutilazione al viso. Uscì fischiettando felice come una pasqua con giuste cinque uova rimaste, e conobbe così il più bel giornalaio della sua vita. Era l'inizio di una grande avventura.

17/11/15

Non dialogare, ma imporre la propria visione.

Il terrorismo è l'emblema del non-dialogo. Non ci sono due soggetti che scambiano reciprocamente le proprie opinioni argomentandole, ma imponendole e basta. E lo fanno annichilendo con la paura la volontà di trovare una soluzione che non sia dettata dal panico. Si semina odio per poi raccoglierne più avanti i frutti.

In questi giorni due sono i tipi di terrorismo, di imposizione, che sto osservando. 
Il primo è quello di chi ha ordinato i massacri a Parigi, che destabilizza il clima di sicurezza avvertito dall'europeo; europeo che comprende anche quell'ampia parte di fedeli musulmani che prontamente, nel migliore dei casi (il peggiore non voglio nemmeno immaginarlo), viene  invitata a dimostrare la propria repulsione per le morti in nome di Allah. Quasi fosse l'Islam in ogni sua possibile accezione ad essere malato, come se da ogni singolo italiano ci si dovesse aspettare una dissociazione per atti mafiosi risolti nel sangue.

Il secondo invece è quello dei cittadini, che in preda all'insicurezza spengono il giudizio critico lasciandosi andare a facili e roboanti soluzioni, opinioni elaborate di pancia e prive di qualsiasi dialogo, non argomentate, ma ancora una volta imposte. Magari un E' ora di mandarli tutti a casa, eliminiamoli, attacchiamoli! preso pari pari dal paladino di turno, giusto così perché l'ha detto Lui, e se lo dice Lui sarà vero per forza. Un commento risolutivo che ci accontenta sposando bene sentimenti turbati o le già ben radicate posizioni ideologiche, che evita la fatica di un'analisi seria e risparmia il doverci conoscere più a fondo, sia mai ci si trovi a dover rinnegare convinzioni improvvisamente inadeguate.

Non riporterò le immagini degli attentati. Ma, senza commentare oltre, vorrei lasciarvi poche frasi tra quelle lette sui vari social. Idee forti pronunciate da una marea sterminata di individui, forse chissà, persino ragionate (anche se condite in un bel bagno di ignoranza e pregiudizi), ma sicuramente non discusse, imposte con una violenza che pur non essendo fisica sarebbe il caso di riconoscere. A voi, ovviamente, lascio le dovute conclusioni.

Come si vince, porgendo l altra guancia??? Sveglia e basta con questa solfa noiosa e ridicola dei." razzisti fascisti", vogliamo un' Italia sicura.VIA TUTTI SUBITO

il fascismo = ISIS = Islamic state of Irak and Siria.
un bambino Bianco ha la possibilità di avere una mente libera i musulmani no.....

Come ha detto Erdogan " c'è solo un islam" l'islam moderato o fondamentalista non esite.

Ma smettetela di fare i buonisti che fate solo pena

Non tutti sono isis...ma ci diventeranno!
STERMINARE!


Consiglio di leggere Oriana Fallaci che aveva previsto tutto questo e vorrei ricordare che per l'islam noi siamo infedeli e questo non solo per i terroristi ma per tutti gli islamici...Che dialogo può esserci se una parte presuppone di essere superiore

[...]Serve un'azione militare forte congiunta subito e immediata senza alcuna remora pietà distinzione di sesso e età. Va estirpata subito ogni potenziale minaccia- [...] .andrebbe istituita la legge marziale, fare un rastrellamento a tappeto casa per casa cantina per cantina bosco per bosco moschea per moschea ogni millimetro del nostro territorio va setacciato e controllato, estirpare tutte le possibili minacce immediatamente. E' ora di combattere e agire. Le parole non servono serve azione. 

12/11/15

Di mostri e uomini.

Sono giorni pieni ma divertenti. Mi perdonerete se a queste pagine non ci sto badando molto e se non sono passato a leggervi, ma è tutta questione di mostri e uomini.
Mostri e uomini che vengono giù nero su bianco in un racconto, e mostri e uomini che volano qui in Italia dritti dritti dall'Islanda per suonare. Forse meglio partire dall'inizio.

Entro fine novembre devo consegnare un racconto per un concorso molto interessante tenuto a livello europeo (se volete provare pure voi lo trovate a questo link). Sono poche le linee guida da seguire, se non quelle della lunghezza massima da rispettare e del tema, che vede la scelta di uno fra tre castelli d'Europa attorno a cui si dovrà ambientare la propria storia. La mia, è ricaduta tra le mura di Castel Corvino, luogo in cui un tempo un uomo, re Mattia Corvino, tenne prigioniero per diversi anni un mostro, un certo Vlad III, che a noi è forse più noto come Dracula.
Giorni quindi in cui mi sono documentato parecchio per capire il contesto storico di quegli anni e in cui mi sono raccontato prima mentalmente e poi praticamente le vicissitudini dei miei personaggi. Mancano ancora un po' di revisioni ma ce la dovrei fare. Crediamoci!

E poi ci sono gli altri mostri e uomini, i grandiosi Of Monsters And Men, un gruppo (folk/indie/pop vallo capire insomma) rock nato in Islanda che col suo tour 2015 è passato anche in Italia. Giacché lì amo, eccoci dunque a Firenze con l'amica di viaggi Vale a sentirli dal vivo, e voi che non c'eravate... non sapete che vi siete persi!
Il concerto si è tenuto al teatro Obihall di Firenze, un posto di dimensioni modeste che quindi era strapieno, ed è iniziato con le ombre scure dei componenti che entravano in scena circondate da un alone di luce bianca, sfumata lasciando il posto all'oro e a loro, scatenati, perfetti, da pelle d'oca. Tutti suonavano dando quel qualcosa in più che nei dischi, già di per sé ottimi, non riesci ad avvertire perfettamente e che qui ora si sfogava appieno, mentre la splendida Nanna, leader del gruppo, ti imbambolava letteralmente con la sua voce magnetica. Wow Nanna ti amo!!! Un'ora e mezza di pura libidine, un concerto costellato di canzoni tanto belle che pareva di ascoltare un singolo dietro l'altro, con le parole dei cantanti che si mischiavano intrecciandosi a quelle del pubblico ammaliato.
Ovviamente una visita veloce veloce a Firenze non è potuta mancare. Terza volta che ci capito e terza volta in cui penso sia una delle città più belle d'Italia. Calda, accogliente, artistica e, cosa assolutamente non scontata... pulita!

Di mostri e uomini non ho più nulla da dire, se non che mi aspetta la battuta finale: il weekend lassù nei monti con Rick DuFer (i mostri in questo caso sono i suoi baffi) e Adrian intitolato Il bosco nello spazio, e sono sicuro ci sarà da divertirsi!
Noi quindi ci risentiamo... quando ne ho voglia, come sempre! Buon fine settimana cervelli!

P.s Un grazie a Sebastiano Bongi Tomà per la foto, io ero troppo nano e lontano per potercela fare ;)

03/11/15

Comunicare la verità

Mi chiedo sempre più spesso come possiamo affrontare scelte sicure se non abbiamo le conoscenze adeguate riguardo la verità che circonda quelle scelte. Penso all'ultima domanda, quella che abbiamo per le mani in questi giorni: la carne rossa fa male davvero oppure no? Smetto di mangiarla o continuo come sempre? 

''Non esistono fatti ma solo interpretazioni.''

Non serve scomodare Nietzsche né perdersi in discussioni su relativismo e prospettivismo. Perderemmo tempo e non sarei di sicuro abbastanza preparato. Però questa citazione mi sento di usarla, perché è ormai di uso comune, la conosciamo e l'abbiamo fatta nostra. 
Che ci sia una verità, intesa come stato delle cose o fatto concreto, dietro a qualcosa di cui si sta parlando, è una convinzione che abbiamo in molti ma che non ricerchiamo. Spesso ci fa comodo credere che esista il vero, ma quasi sempre scegliamo la possibilità dell'accordo comune rifiutando una ricerca approfondita, perché siamo appagati così, perché funziona. La verità, in virtù di ciò, nel mondo dell'informazione, parrebbe proprio essere orientata verso la scelta funzionale, quindi verso l'interpretazione.
Quand'è allora che riteniamo un fatto vero o reale? 
Lo facciamo quando questo fatto è confermato dalla maggior parte delle persone, cioè nel momento in cui una verità interpretata in un dato modo ci accontenta e ci convince, divenendo quindi senso comune, verità assoluta. Un fattore di tendenza, né più, né meno.

Se prendessimo ad esempio un incidente stradale con due automobilisti intenti a raccontare ognuno la propria versione dei fatti, probabilmente sarebbe più credibile quello che ha il maggior numero di testimoni a sostenere tale versione. Ma se i testimoni mentissero? O se non avessero tutti gli elementi a disposizione? E se chi non ha frenato allo stop l'avesse fatto per un malfunzionamento dei freni?  Se la verità non fosse conoscibile, non in questo modo?
Qui sta il punto. La verità come concetto e come oggetto da utilizzare come ci pare e piace, da piegare ai nostri intenti, è pericolosa. Verità è una parola che presuppone dei punti di vista che la raccontino e la condividano, ed è ormai divenuta un'entità da utilizzare a piacimento per nascondere un ipotetico stato delle cose, che invece si può ricercare, ma che viene oscurato e interscambiato con essa. Questo stato delle cose, sia chiaro, è un'oggettivazione, una rappresentazione a modello di ciò che stiamo indagando, e nel momento in cui è indagato da esseri umani (fallibili) non può essere trovato ma solo avvicinato più o meno efficacemente. Il migliore dei metodi che abbiamo trovato per farlo è uno e soltanto uno: quello scientifico.