31/10/15

Âmes d'Encre

Piero e Veronica erano sposati da ormai più di venticinque anni, avevano quattro figli, un paio di cani, una casa incantevole col giardino spazioso e una piscina interrata. Assieme formavano una bella famiglia, davvero affiatata, ed era palese il modo in cui la gente li guardava, così piena d'ammirazione, così ansiosa di precipitarsi ai loro party estivi e alle grigliate. La magnifica facciata però, era tutto ciò che li tenesse in equilibrio, che mandasse avanti giorno dopo giorno la routine dei due coniugi. Le lenzuola soltanto conoscevano la triste verità, quella gelida antipatia che scorreva viscidamente tra i loro corpi incrinati dall'età impietosa e le menti tediate.
Avevano pensato ad un viaggio a Parigi, per ravvivare qualcosa, per rinfrescare le idee e lo spirito, ed eccoli mano nella mano, che passeggiano tra le botteghe degli artigiani più singolari, accompagnati di tanto in tanto da qualche lieve scroscio di pioggia. L'insegna che li attira recita Âmes d'Encre, e loro entrano a sbirciare sedotti da un imprecisato aroma di incenso e dal profumo di...
''Bonsoir, amanti di luce. Amelia è qui per servirvi. Di cosa avete bisogno?''
Veronica s'intrattiene presto a discutere con l'anziana signora mentre Piero, stregato, si perde subito tra oggetti sconosciuti e simbologie antiche, odori, colori e i mille e più tessuti di quel magnifico negozio d'altri tempi. Ogni sorta di veste, ogni tendaggio, ogni coperta, cuscino o lenzuolo è splendidamente creato a mano e arricchito di fantasie tanto particolari quanto affascinanti, misteriose, persino inquietanti. Ogni figura ha una corrente artistica differente, un suo proprio stile, e ci si smarrisce in un'alternanza tale che ogni sguardo è un vortice di art brut e cubismo, impressionismo e decadentismo, surrealismo e romanticismo. Nel singolare stordimento poi, Piero coglie gli altri avventori del negozio e nota, in quel loro pacioso girovagare, quanto siano anch'essi bizzarri e intonati, o meglio stonati, con la bottega stessa. Una particolarità sembra accomunarli. Non ci ha fatto subito caso ma ora non può fare a meno di chiederselo: come mai sono tutti così silenziosi e... in sovrappeso? Si spostano lentamente, barcollando tra gli scaffali e osservano con disinteresse la merce esposta. Qualcuno muove silenziosamente la bocca, un'espressione ebete e vuota, si ferma un po', riprende a camminare.
L'uomo fa spallucce e smette di pensarci, torna a ciò che l'incredibile bottega ha da offrirgli, e inevitabilmente si ferma all'immagine puramente naif di una coppia: due individui scarni stesi uno di fianco all'altro, le dita che appena si sfiorano, addormentati o forse morti, ma in ogni caso, stranamente splendidi, colorati.
''Oui, questo allora farà al caso vostro.'' dice la negoziante portando la moglie a contemplare proprio ciò che Piero già osservava rapito. ''Due amanti, oui? Occhi chiusi, in estasi, due dita che si cercano poco a poco e un letto di giunchi fioriti che si abbracciano proprio sotto di loro.''
''E' magnifico...'' dice Veronica in un filo di voce.
''Magnifico.'' concorda il marito.
''Credete ad Amelia: io vedo nei cuori della gente. Copriletto, lenzuola, federe, trapunta e il tessuto che li rende vivi... non è questo l'importante, ma l'essenziale. E' ciò che questo dipinto qui raffigurato racconta e lascia intendere. Dormirete bene assieme a loro.'' annuncia in un sorriso, ''E farete bene anche qualcos'altro, credete a questa vecchia Amelia.'' termina andando a preparare il tutto per concludere l'affare.

27/10/15

Walkman | Ottobre

Questo mese è partito con una fissa incredibile per le doti canore di Jessie J, quella che fa canzoni ultra pop che tanti schifano ma che io ascolto lo stesso perché de gustibus non disputandum est, come dicevano gli antichi ascoltatori dei Tokio Hotel, ora volati via col monsone assieme agli altri emo come loro. Quindi si parte proprio da qui:

Jessie J
Difficile in effetti fare troppo caso alla voce quando si è distratti dai mille fronzoli poppettari di contorno che vogliono rendere a tutti i costi le sue canzoni orecchiabili. Mi sono perso infatti per le versioni acustiche dei suoi brani e per i momenti in cui canta dal vivo. Quindi mo' vi ascoltate Price Tag, Burnin' Up e Bang Bang

WhoMadeWho 
L'Indie rock ovviamente non poteva mancare nemmeno stavolta. Come new entry nel mio spotify arriva questo trio danese fondato nell'ormai lontano 2003. Iniziate pure con Heads Above (che mi sa proprio da autunno), Ember e Running Man & The Sun
Aquilo
E ad accompagnare i sopracitati WhoMadeWho ci si mettono pure gli Aquilo, che col loro alternative e altrettanto indie rock vi ipnotizzeranno letteralmente con Human (stupenda e in un certo senso energica) per poi conquistarvi con Good Girl e Better Off Without You.

Ecc. Ecc...
Dopodiché un frullato di casualità dovuto tanto alla radio quanto e soprattutto alla nuova funzionalità di spotify, ovvero quella che ti crea automaticamente una playlist nuova ogni settimana, proponendoti un equilibrato di tutto e un po'. Riempono ordunque il mio ottobre a caso: Back Together di Robin Thicke e Nicki Minaj, Vita da Star di Marracash e Fabri Fibra, Staring at the Sun di Mika, Dance Hall Days dei Wang Chung e la frizzantissima Downtown di Macklemore e Ryan Lewis.

Voi invece che avete ascoltato di belloennuovo in questo mese quasi finito?

24/10/15

Autunno... e il blog si fa bello!

Oggi un breve post per raccontarvi di questa novità estetica qui su CervelloBacato. Lo so, lo so lettori cari. Questo è il peggior blog della blogosfera italiana a detta di qualcuno (e infatti vi avviso subito all'entrata, che non voglio mica che ci restiate male eh!), ma io me ne frego e tento di renderlo bello con una veste migliore e rinnovata. Nuovi colori quindi e soprattutto nuovo sfondo!

Inutile dirvi quanto io sia una schiappa con le questioni grafiche. Ho dovuto chiedere una grossa mano per questo lavoro così come ho trovato grandi aiuti per altri, fin dalla fondazione stessa del blog. Ogni header là sopra, per esempio, non è frutto delle mie fatiche ma di quei preziosi aiutanti che potete trovare elencati uno ad uno QUI o sbirciando nella sezione apposita lì in alto.
I ringraziamenti oggi però vanno tutti a Giulia, che ha sopportato le mie mille rotture di palle  per realizzare il bellissimo look autunnale del blog (nonché i deficit numerosi e infiniti della piattaforma blogspot che c'ha fatto sclerare male malissimo). Grazie grazia grazie super Giulia!
Vi anticipo anche che... beh, le stagioni sono quattro, e quindi ci saranno altre sorprese, blogspot permettendo...
Io e i tre nuovi cervellini quindi vi salutiamo e ci si vede la prossima settimana con un nuovo post! Ciao cervelli ;)

22/10/15

Se l'anima esiste abita di sicuro nella nostra memoria

Qualche tempo fa, leggendo un saggio del neurologo Oliver Sacks (che potete trovare qui), mi rimase in mente questa sua affermazione:
[...] Mi sento infatti medico e naturalista al tempo stesso; mi interessano in pari misura le malattie e le persone; e forse sono anche insieme, benché in modo insoddisfacente, un teorico e un drammaturgo, sono attratto dall'aspetto romanzesco non meno che da quello scientifico, e li vedo continuamente entrambi nella condizione umana, non ultima in quella che è la condizione umana per eccellenza, la malattia: gli animali si ammalano, ma solo l'uomo cade radicalmente in preda alla malattia. [da L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello]
Il cadere in preda della propria malattia in effetti, è un circolo vizioso che a partire dal tuo corpo infetta poi la mente e il pensiero, la personalità, portandoti a identificare te stesso con il male che ti ha colpito, facendolo tuo e parte indissolubile di te anche se tu non lo vuoi e lo stai combattendo.

Questo è un po' quel che ho provato guardando Still Alice, un film che racconta di Alice, cinquantenne affermata nel mondo accademico e stimata linguista, e di come l'insorgere di una forma rara di morbo di Alzheimer le mangi a poco a poco i ricordi.
Non c'è nulla di esagerato nell'interpretazione di Julianne Moore (che qui vince l'Oscar come miglior attrice protagonista) o di stonato, e difatti l'andamento sempre più instabile e infine apatico della sua personalità si esprime perfettamente nell'ambiente intimo e familiare che le sta attorno. Così come non vi sono trovate semi miracolose o svolte eccezionali tipiche dei film che illudono lo spettatore verso una finta risoluzione che poi sfocerà nella lacrima facile.

Still Alice è composto, reale, disperato. La domanda che fa sorgere non è tanto chi sei tu?, perché il tu non è mai messo in discussione, quanto invece il che cosa sei tu?, e cioè, qual è quella parte di te che rende la tua persona quella che è veramente. Una questione che va a scomodare in un'unica volta due soggetti differenti: il malato e chi gli sta attorno.
Sempre il neurologo Sacks, nel suo saggio, fa una riflessione proprio riguardo l'essenza della persona, quella cosa che rende te unicamente te, e che per maggior impatto lui identifica come anima. Se l'anima esiste, afferma, allora di sicuro il suo posto è nella memoria, poiché è nella memoria che noi costruiamo continuamente, istante dopo istante, la nostra persona, l'identità. E questo implica, come ci mostra poi il film, che la perdita dei ricordi corrisponde a una perdita enorme di noi e che tanto più ne smarriamo tanto più moriamo. 
Still Alice parla di morte ma non intesa come quella del corpo, bensì dell'anima, se si vuole utilizzare il paragone di Sacks. La protagonista ha paura di morire perché è cosciente, almeno nella sua fase più lucida, di ciò che comporterà il progredire dell'Alzheimer: non esistere più per se stessa, ma vivere come ricordo negli occhi di chi ancora guarda il suo corpo.

15/10/15

Interstellar è meglio di The Martian.

Che titolo stronzo.
Lo so che siete qui col sopracciglio alzato e il dito indice scagliato contro lo schermo urlando Sei un coglione non capisci nienteeee! Difatti è tutta una trappola. Un modo per attirare l'attenzione. Penso davvero che Interstellar sia meglio di The Martian? Beh, è un'affermazione poco sensata. Quel che voglio raccontarvi piuttosto è perché preferisco il primo rispetto al secondo, secondo i miei personalissimi gusti. E quindi...

Partiamo da The Martian.
In breve, Sopravvissuto narra di Mark Watney, un astronauta che a seguito di un incidente durante una missione su Marte viene creduto morto e quindi abbandonato dai compagni, in fuga dal pianeta a causa di una tempesta. Il film si sviluppa raccontando di come Mark riuscirà poi a sopravvivere da solo risolvendo i problemi più disparati, ingegnandosi di volta in volta per procurarsi energia, cibo e mezzi di trasporto e comunicazione in grado di proiettarlo non solo alla momentanea fuga dalla morte, ma ad un vero e proprio piano per ricongiungersi ai propri compagni, per tornare a casa. 
Quel che emerge da tutto questo è prima di tutto la valorizzazione dell'intelligenza umana, in grado di creare e costruire (sia concettualmente che praticamente) il domani. Se Mark riesce nei suoi scopi è perché ha una mente che funziona, attiva, come quelle del suo equipaggio e di chi alla Nasa si dedica al suo recupero. E non solo. 
Altro tema importante è la forza di crederci sempre, di non arrendersi, di lottare. L'intelligenza di per sé non vale nulla se non viene applicata in un contesto che la fa fruttare, e questo Mark ce lo mostra sfidando ogni probabilità sfavorevole alla sua sopravvivenza. Se c'è una soluzione, una strategia percorribile, allora percorrila tutta, corri, non mollare! 
Un messaggio che potremmo adottare anche noi nel nostro piccolo volendo. Smettendo di crogiolarci nell'apatia o nella paura, osando un po', sognando con ambizione e mettendo in pratica.

12/10/15

Expo 2015: affamare il pianeta?

Lo scorso giovedì sono stato finalmente anch'io a Expo 2015. Il titolo, come tutti sapete, è Nutrire il pianeta, energia per la vita, e si parla perciò, o meglio si dovrebbe parlare, di alimentazione legata a sviluppo, impatto ambientale e salute. La domanda che mi pongo è: il tema e lo spirito con cui questa esposizione universale nasce, sono stati rispettati?
L'unica risposta che posso darmi e darvi è quella del semplice visitatore, e tale risposta è No.

Arrivando a Expo ho provato diverse sensazioni, molte delle quali totalmente contraddittorie. Anzitutto la curiosità, che era molta viste le grandi aspettative di tutto il Paese per questo progetto monumentale e date le milioni di pernacchie (virtuali e non) con cui tutti noi ci siamo divertiti a sfotterCi sentendo puzza di figura di merda. Ricordate i goliardici eventi su facebook qualche settimana prima dell'apertura, sì? Dopodiché sono arrivati il Niente male, osservando l'organizzazione tutto sommato efficiente nonostante la mole esagerata di gente, e il Cazzo che palle, perché queste code titaniche che vanno dalla mezz'ora (se ti va molto bene) alle quattro ore (Giappone, bel tentativo ma io mezza giornata per te non la spendo) ti distruggono l'anima e i piedi.

Ma insomma, cosa è stato Expo per me? 
Di positivo, ignorando l'enorme ipocrisia di tutto l'evento, ci sono state diverse cose. Tra tutte direi il cibo, che era tanto e giustamente molto diversificato. Aggiungerei pure un po' troppo costoso ma preferisco non vomitare troppa negatività. Ho pranzato con del pollo in salsa rossa (sud coreano) e dell'ottimo ramen, che vi giuro mi ha sollevato il morale dopo la mezza delusione della mattinata trascorsa, fatto merenda con un waffle con mezzo barattolo di nutella sopra, e infine cenato al ristorante giapponese con un po' di sushi, che tra parentesi, non avevo mai mai mai mangiato fino a nemmeno un paio di settimane fa.

07/10/15

Il bar del pesce giallo

Piove che Dio la manda, così, tutto all'improvviso. Me l'avevano detto che al nord il tempo faceva sempre schifo, ma vai a vedere che davvero la pioggia non ti lascia in pace per più di mezz'ora? Vedo un'insegna luminosa più avanti, corro con l'ombrellino tutto scassato dal vento e la valigetta di lavoro nell'altra mano. Posto piccolo, accogliente, cerco un tavolo in un angolo. Prendo in mano il listino del bar e inizio a sfogliarlo. Le ultime due pagine contengono un racconto intitolato Il bar del pesce giallo, la storia del nostro nome. Il cameriere arriva e chiede cosa voglio ordinare. 
''Una bionda media.''
''A posto così?''
''Sì, grazie.''
Annota, mi ringrazia, e sparisce nell'altra stanza. Inizio a leggere.

Come si divertiva lui a fissare le persone forse nessuno mai. Traballavano un po', e il volume della musica assecondava il quadretto frenetico riflesso sulle spine di birra. Appoggiato al bancone, la testa abbandonata su un braccio, osservava chi alle sue spalle si stava vivendo la serata. Li vedeva allora obesi e bassi appena prima di scomparire dietro la sua faccia, e poi lunghi e smilzi quando s'allontanavano, fino a che non si notavano più e restava il metallo lucente del rubinetto, sporco di macchie.
''Dai, fammene un'altra.'' 
Guardò il boccale riempirsi, la bionda scendere fresca e invitante, la gente deforme riflessa sulla sua sinuosa e personalissima fonte di felicità. Bevve sporcandosi di schiuma fino al naso, ne scolò metà, appoggiò il boccale e lo fissò tornando a ingobbirsi sul bancone.
''Vuoi forse farmi morire?'' domandò il pesce che nuotava nella birra.
''Sì, odio i pesci rossi''
''Sono un pesce giallo, sei cieco?''
''Solo un po' sbronzo.''
''Vaffanculo, se la metti così, beh io inizio a cagare allora!'' disse il pesce giallo, iniziando a defecare dentro la sua birra.
''Ou, tu.'' chiamò il barista. ''Questa birra non è buona. Vedi? C'ha cagato dentro.''
''Mi scusi?'' fece il giovane un po' a disagio.
''Sì, sì, questo cazzo di pesce mi ha cagato dentro alla birra ti dico. Li vedi? Li vedi i suoi stronzetti?'' chiese alzando il boccale mezzo vuoto.
Il barista non capiva. ''Se vuole gliene porto un'altra.'' disse cercando con lo sguardo il suo superiore.
''Un'altra? Se le fate tutte con questi pesci che ci cagano dentro io non lo so se ne voglio un'altra!''
''Sei proprio un deficiente.'' fece il pesce giallo ridendo, nuotando nelle bollicine di birra.
''Tu sei proprio un figlio di troia invece!'' urlò lui puntando il dito al bicchiere.
Notò, riflessi sulle spine di fronte, i clienti alle sue spalle. Parlavano ora a bassa voce e lo fissavano.
''Che cazzo avete da guardare?'' si girò, ''Ma l'avete vista la merda che vi rifilano in questo locale? Pesci rossi che cagano i loro stronzi dentro alle birre! Ma dove siamo finiti? E voi la bevete! Guardate qua!'' fece alzando la sua bionda in modo che la vedessero.
''Sono un pesce giallo brutto deficiente, che cazzo di problemi hai?''
''E sono stronzi pure i pesci, l'avete sentito?''
Chi rideva, chi lo filmava, chi tornava a ignorarlo allontanandosi o usciva dal locale. ''Ahh ma andate a fare in culo pure voi!''. Tornò a girarsi verso il bancone, fregandosene di tutti.
''Mi dia pure.'' disse l'altro barista. ''Non gliela facciamo pagare ma la invitiamo a uscire dal bar.''
''E perché? Io voglio soltanto bermi una cazzo di birra come si deve, e voglio pagarla, non voglio dover uscire perché voi ci mettete i pesci rossi che ci cagano dentro!''
''Pesce giallo!'' fece il pesce, mentre veniva portato via assieme al suo boccale.
''Signore, la prego, sta infastidendo i clienti. Non ci costringa a chiamare i carabinieri.''
''Ma siete tutti deficienti?! Dia qui!'' disse togliendolo dalle mani dell'uomo. ''Me ne vado sì, da questo posto di merda. E si tenga i soldi di questa merda di birra piena di stronzi di pesce rosso! Che non sono mica un pezzente come volete far credere a questi imbecilli che non capiscono un cazzo.''
Lasciò cinque euro sul tavolo, si alzò, e imboccò l'uscita col bicchiere in mano.
''Sono un pesce giallo ti ho detto!''
''Sai cosa c'è? Mi hai proprio rotto i coglioni!'' rispose tra gli sguardi preoccupati dei passanti.
Lanciò il boccale per terra, il vetro esplose, la birrà schizzò via assieme alla merda di pesce e al pesce.
''Così impari, pesce giallo di merda! Pesce giallo, pesce giallo, così impari, impari, merda!'' prese a sfogarsi, urlando per tutti e cinque i minuti che ci vollero prima che le forze dell'ordine arrivassero per portarlo via. 
Per terra, ovviamente, solo vetro e birra. 

''Ecco a lei la sua birra.'' mi dice il cameriere.
''Grazie. Ma, questa storia del nome del bar?''
''Oh, storia vera. Il locale ha preso questo nome tre anni fa, per via di quel matto che vedeva i pesci gialli nella birra. La gente è rimasta così colpita da quell'episodio che c'ha spinto a prenderne spunto.''
''Bah, che storia strana. E il tipo che fine ha fatto?''
''A quanto dicono è finito in manicomio, o qualcosa del genere. Beh, è quello il posto giusto per matti simili, dico bene?''
''Ah... sì sì, lo penso anch'io. Beh, bella storia, grazie eh!''
''Si figuri. Grazie a lei.'' fa andandosene.
Prendo in mano il boccale, faccio per bere e...
''Ehi, vorrai mica buttarmi giù?'' mi fa un pesce giallo che nuota nella birra.
Mi guardo intorno. ''Nnnooo...'' gli rispondo. Poso il bicchiere lentamente, lascio i soldi sul tavolo e me ne vado.

Veleno

Com'è sbagliato desiderare qualcosa che non puoi avere? Quanto stupido morire d'amore? Hélène se l'era chiesto a lungo, tormentandosi come un cane ripensando alle sue stupide voglie. Lui non aveva detto una parola, non una confessione. Le era bastato uno sguardo e il tradimento della sua bocca, aveva fatto fuggire un sorriso verso la creatura sbagliata.
Il mondo degli spiriti le era usuale e congeniale, secoli di esperienza rendevano Hélène sicura di sé come fosse a casa propria; quello della carne, però, le serbava insidie che sfuggivano al suo controllo, e ora era vittima di una specie quasi estinta, di un fascino antico che... Dio, era irresistibile.
Non pensava ad altro, si toccava e ansimava e godeva immaginando quella bestia avvinghiata al proprio corpo, la sua pelle delicata alla mercé della più vorace tra le bocche. Bramava un piacere che le era precluso e che l'aveva solleticata appena, mostrandole cosa volesse dire realmente godere della vita e della morte, godere nella carne.
Toccò l'orgasmo e rimase ansimante tra le lenzuola, sudata, esausta, col cuore a pezzi. Si sentiva tradita e stupida. Lo stomaco chiuso raccontava un vuoto incolmabile, le diceva che la solitudine che tanto aveva amato era ormai un peso che non poteva più trascinare.
Le candele bruciavano a pelo d'acqua. S'immerse lentamente, lasciando il capo fuori. Il riflesso del proprio volto, distorto dai lumini, le sorrise maligno. 
''Lui morirà.'' disse l'anima avvelenata.
''Come?''
''E' accaduto questa mattina. Il suo destino è limpido come lo specchio di queste acque, profumato come queste candele. La sua natura perversa lo condannerà.''
Hélène non rispose. Distolse lo sguardo dal proprio io, ricordando la ragazza, pentendosi di quel che aveva fatto. 
''Sai che è questo che vuoi.'' disse ancora.
Incrinò la quiete dell'acqua, zittì il proprio riflesso, uscì e si rannicchiò in un angolo piangendo. Voleva stare sola, non sentire la verità, ma nel profondo, la verità parlava ancora, non poteva ignorarla, e diceva: se non possiamo averlo noi, allora nessun altra potrà averlo mai.

05/10/15

Vanesia

Frenetica innervazione di sangue. Violaceo, ritmico, pulsava nell'aria viziata di corpi sudati, sfiorandogli le narici. Dov'era lei, creatura bramata da sempre? Un profumo disegnava la notte tra le luci fluo della discoteca. Si guardarono. Eccola, meravigliosa, meravigliosa regina.
S'insinuò con le mani sotto le vesti della ragazza, graffiandola. Pelle come il latte, piccoli nei, un odore bello da morirci. Ed era sua, era soltanto sua, spogliata di tutto in un bagno lurido, nuda di ogni pudore o vergogna, sedotta dall'essenza profonda che lui solo sapeva possedere. Le disse, mordendole il lobo dell'orecchio: ''Vanessa, io ti amo, io ti desidero con tutto me stesso.'', e scese piano, frenando per gioco l'istinto di azzannare, scese giù giocando la lingua sui capezzoli turgidi, scese giù respirandone il profumo, scese giù perdendo ogni freno, inchinandosi tra le gambe nude di Vanessa, per darle un assaggio di quel che sarebbe accaduto poi.
Lei non poteva fermarsi, nessuna mai a questo mondo avrebbe potuto. L'angolo della bocca, labbra delicate da mordere, il suo collo, il suo collo benedetto e lui disgraziato in eterno, che finalmente l'aveva trovata. Affondò i canini, succhiò il suo orgasmo, vennero insieme, affondò nella carne, nel piacere, nel godimento proprio e di lei, affondò ancora, ancora e ancora bevendone l'anima.
Le strappò la gola agitando le fauci, pura libidine, sangue e carne maciullata nelle mattonelle luride e i bassi lontani della musica, che tornavano assieme al respiro e la quiete.
Vanessa cadde a terra. Morta per l'ultima volta.
Vanessa aprì gli occhi, per sempre vivi, in eterno.
''Mia signora.'' le disse non più solo, ''Mia signora.'' ripeté, ''Mia...'' indugiò ancora. Inspirò. Espirò. A fatica. ''Mm...'' disse stringendosi una mano alla gola, al petto. Soffocò di terrore, soffocò tra le braccia disperate di Vanessa, che non capiva e piangeva, che lo stava perdendo. ''Mmm...'' lamentò per l'ultima volta la creatura, vedendo l'oscurità che se lo veniva a prendere, perdendosi nel perpetuo nulla.

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continua---> Veleno

02/10/15

Viola

Provò curiosando le varie fragranze. Arricciò il naso più volte dal disgusto: ''Schifezza! Non sta bene con la mia pelle.'' ripeteva irritata all'amica, che la ignorava. ''Che cazzo. Qual era, vediamo... quello della pubblicità con la Portman che...'' disse tra sé scrutando il muro di boccette.
''Forse, se posso consigliarle, questo potrebbe fare proprio al caso suo.'' fece gentilmente la commessa, stuzzicandole l'olfatto con un'essenza... ''Diabolica! Un'essenza diabolica, a mio parere. Giovane e bella come sei, sì, direi che fa per te.''
La ragazza arrossì per il complimento, nonostante fosse abituata a riceverne. La montagna di sfigati che speravano di scoparsela era solita riempirla di elogi e sdolcinatezze. ''Ma grazieee.'' cinguettò. ''Dice che davvero può andare?''
La commessa sorrise estasiata. Lei si sentì nuovamente in imbarazzo. Percepì di avere fascino, cosa che, data la sincerità della donna, la lusingò parecchio. ''Vedrai.'' pronunciò annuendo, e quella sera, come predetto, Vanessa vide.
Accadde molto in fretta, come giusto che fosse. Quel ragazzo la stava guardando ballare ed era figo, figo, figo, figo. La fissava, la voleva. Tra tutte le altre aveva scelto proprio lei. Ok, ma era giusto che fosse così, perché stupirsi? E sembrò pure gradire il profumo, notò. La donna aveva fatto centro.
Sotto gli sguardi ammiccanti delle amiche si fece prendere per mano dal ragazzo e lo seguì, anche se stava finendo nello squallore di un bagno maschile. Qualcosa dentro di lei le suggerì di scappare. Il bagno, in effetti, faceva schifo. Qualcos'altro invece, di molto più forte, la inchiodò al muro e la fece gridare di piacere. Era fantastico, era bellissimo, improvviso. Lo desiderava come nessun altro prima d'ora. Era pazza di lui e non si spiegava il perché.
Il ragazzo la baciò appassionatamente, baciò tutto di lei, e si sentì amata, voluta, desiderata. Più di tutto però, godeva, e vedendosi sporca come una cagna in calore si eccitò ancora e sempre di più, premendogli la testa tra le gambe perché ne voleva ancora, perché quella bocca e quella lingua la stavano facendo impazzire. 
Si baciarono di nuovo. Si guardarono negli occhi e nell'anima. Lui le respirò il profumo dal collo. E la morse. Fu indescrivibile come volare, come le vertigini e la gioia, l'esaltazione, come il vento tra i capelli e il sole sulla pelle, come l'acqua dopo un tuffo, come il primo bacio e la prima volta, e il sapore di un buon vino e l'ebrezza dell'alcol, l'euforia della migliore tra le droghe. Puro piacere in cambio di se stessa, rapita assieme al sangue che sgorgava in una beatitudine orgasmica, il piacere perfetto, sublime. Fu come morire e poi rinascere.

continua---> Vanesia