26/05/15

Fino alla fine del mondo.

La pioggia cadeva sottile stagnando nel fetore di Rubbish River. Carcasse metalliche e imponenti torri d'acciaio e titanio riposavano vigili nel silenzio del suo cimitero. S-451 fu scossa da un tuono: ampia differenza di potenziale, scarica pilota a carica negativa, discendente. Il rombo le invase i sensori. Il boato delle bombe lo assordò. Fuoco, fuoco, rispondere al... scattò sulle gambe, si aggrappò al mitragliatore, premette il grilletto. Vomitò una torma di piombo alle trincee austriache, lordando il buio di sangue e fango.
C'era pioggia, ancora, sottile come la falce di luna ghignante sui loro crani sgraziati. Proiettili nemici frugarono a vuoto sfiorando i loro elmetti. Al riparo! disse Fedele. Strisciarono giù, vermi nel fango, tra gli amici, sanguinolenti alcuni, cadaveri altri. Terreno vibrante di bomba a mano, un lampo che molestò la notte. Si premette le mani sulle orecchie. Fischiavano. Dietro di lui mezzo fossato era ceduto. Continuò a strisciare, Via via via! affogando le unghie nella melma per tirarsi avanti, unghie di lega metallica incastonate in arti meccanici e feriti di ruggine.
Dove si trovava S-451? Quand'era successo che la fine venisse a trovarla? Un rantolo cibernetico le si arrampicò per la gola. Avesse potuto, al sentirlo, sarebbe rabbrividita di paura. Quanti danni riportava il suo involucro dannato? Strinse i resti del traliccio che le stava di fronte. Voleva uscire, arrampicandosi fuori dall'inferno, vedere il cielo. Il bollore al cuore del petto gelò il desiderio di fuga: sistema refrigerante andato, blackout stimato in tre minuti. S-451 sentiva di respirare fuoco. La maschera, cazzo la maschera la maschera ripeté nel panico avvolto dai fumi asfissianti, che mefitici, si trascinavano lungo i bordi delle depressioni amiche per poi discenderli. Se non potevano perforargli la carne, gli austriaci li avrebbero uccisi per asfissia, ammazzando i disgraziati che tentavano la fuga dalla trincea. 
Gli occhi bruciavano, prese l'ultima boccata d'aria buona e scavò avidamente tra i corpi dei soldati. La maschera era tutto. La nebbia calava rapida, una ghigliottina gelida dritta sul collo e terrore sudato che gli graffiava la schiena. Artigliava componenti di corpi robotici, scarti di androidi, vetusto splendore della civiltà tecnologica che fu. Avesse avuto pelle e sangue e umanità vera, anche all'esterno, S-451 sarebbe stata ugualmente al limite, spinta dall'adrenalina a fare l'equilibrista sul ciglio della morte. Afferrò l'ennesimo appiglio, strinse con le dita inumane, uscì dal baratro abbandonandosi al cemento gelido. 
Blackout stimato in trenta secondi. La carica, induzione elettromagnetica, distava centosei metri virgola quaranta. Si mise in posizione eretta, un passo dopo l'altro, le giunture deteriorate. Stimò il momento d'arrivo. Calcolò fosse la fine. Eppure non si fermò. Trenta secondi di vita, di coscienza, di ricordi di un'umanità antica che arrancava verso un futuro salvifico visibile, ma irraggiungibile. Il cuore gli pulsava nelle gambe, negli occhi irritati, nella testa. I polmoni volevano gridare, frustandogli le costole per poter ricevere un po' d'aria. Ma i fumi erano ovunque, erano nebbia nella notte, un velo latteo che copriva di morte la resistenza italiana. La necessità prese allora il sopravvento. Doveva andare in alto, doveva cercare ossigeno buono, non sarebbe morto anche lui là sotto. Si spinse oltre il fossato, uscì allo scoperto, bersaglio perfetto per il nemico spietato. Corse voltandogli le spalle inalando piccoli respiri filtrati da nient'altro che la sua manica lurida. Qualche sparo, di tanto in tanto, riprendeva dal fronte opposto, ma la stesso pallore letale ora lo rendeva invisibile ai propri carnefici. 
Fu il fuoco alleato a sorprenderlo, scorgendo la sua sagoma in corsa. Due colpi, uno alla spalla, uno al centro dello sterno. Cadde in ginocchio, respirò i gas mefitici piangendo lacrime acide. Gli italiani, i suoi italiani, stavano rinforzando le fila. Incontrò di sfuggita, tra i fumi, i loro visi celati dalle maschere. Occhi impenetrabili, glaciali, freddi, inumani, che non lo scorsero nemmeno. Era la sua ora e pensò alla sua splendida moglie e le sue bellissime figlie. Pregò perché il fronte non cadesse tendendo una mano al cielo. Provò, nel suo ultimo istante di vita, a gridare il suo terrore, ma non un suono riuscì a trovar voce. Morì lì, con la coscienza in tumulto e una mano artificiale tesa in avanti, a pochi passi dalla fonte. Quel giorno, con l'A.I S-451, sparì l'ultimo sentimento dell'uomo, il suo ultimo ricordo, e l'ultima traccia di ciò che a sua immagine era riuscito a creare.

21/05/15

Walkman | Maggio

Altro mese, altro Walkman! Che ho ascoltato di bello nel mese di maggio? Quali artisti ho scoperto e che canzoni ho mandato in loop continuo fino a farmi venire l'esaurimento? Sono in cinque e sono tutti qui, uno dietro l'altro. Pronti?

Kaki King
Nata nel 1979 Katherine Elisabeth King inizia suonando per le metropolitane di New York incantando i passanti. Successivamente riesce ad affermarsi arrivando a comporre alcune canzoni per il film Into the Wild e collabora coi Foo Fighters nel loro album Echoes, Silence, Patience & Grace.
Generi? Rock, post rock, folk, sperimentale, indie e compagnia bella. Come sempre, un po' tutto un po' nulla. A me la sua musica ricorda molto i Daughter, per il sound particolare e... la pace.

alt-J
Restiamo in campi simili e parliamo degli Alt-J, gruppetto inglese indie/rock/alternativo. Probabilmente li conoscerete già, che pare vadano molto di moda soprattutto tra gli hipsterssss (fino a non troppo tempo fa manco sapevo che cazzo fossero io gli hipster ma vabbè). Mi piacciono sì e no, dato che alcuni brani li trovo molto noiosi mentre altri non riesco a smettere di ascoltarli. Quali? Arrival In Nara (super preferita in assoluto uau ciao!), Hunger of the Pine e Breezeblocks.

The Chemical Brothers
Questi invece è quasi sicuro li conosciate. Poche parole quindi: il nuovo singolo, Go, spacca! Anche Sammy the Salmon ne è convinto! (guarda il video per conoscere Sammy the Salmon, yo!)

ODESZA
Abbandoniamo del tutto le chitarre e andiamo a conoscere questo duo di musica elettronica. Tanta atmosfera, un suono bello profondo e... un sound irresistibile. Mi sono drogato con It's Only, Memories That You Call e l'orientalissima Kusanagi. Se questo genere musicale solitamente vi fa schifo, credetemi: dategli una possibilità e non ve ne pentirete.


Kygo
Dj che avrete probabilmente sentito per radio con Firestone. Nulla di fracassone comunque, anche qui, come per il gruppo precedente, potrebbe risultare tutto molto piacevole. Molto belle ID-Ultra Music Festival Anthem e Stole the Show.

E per questo mese, niente artista vergogna. Voi di bello che avete ascoltato? Nuove scoperte? Scrivetelo qui sotto e alla prossima!

18/05/15

Open Minded | Volare verso Radio Piterpan (di Carlotta Tripi)

Ed eccoci con un nuovo appuntamento di #OpenMinded! Oggi finalmente si toccherà la categoria lavoro e vi porterò a conoscere un mestiere piuttosto fico: lo speaker radiofonico. A raccontarci di questo mondo c'è allora la mitica Carlotta Tripi di Radio Piterpan, che potete ascoltare accedendo la vostra radio o direttamente da internet cliccando qui.
Pronti a scoprire com'è starsene con cuffie e microfono dall'altro lato delle casse? Tre, due, uno... aprite le vostre menti!

Ciao Carlotta! Intanto ti ringrazio per aver accettato il mio invito. Direi di iniziare dunque con una breve presentazione. Chi sei? Cosa fai? Quanti anni hai (non si chiede ma sono sfacciato)?
Ciao Davide! No, non sei assolutamente sfacciato..ho 23 anni, quindi per ora la domanda è ben accetta! Beh, come già sai mi chiamo Carlotta Tripi, da poco ventitreenne, sono laureata da qualche mese alla facoltà di Lingue, civiltà e scienze del linguaggio. Sono una ragazza normalissima e conduco una vita altrettanto normale, ho appena finito di studiare quindi se questa intervista me l'avessi fatta qualche mese fa ti avrei risposto che gran parte del mio tempo lo passo a studiare, perché effettivamente così è stato per un bel po'. Ho tanti amici, un fidanzato con cui faccio tanti progetti e una famiglia meravigliosa. Ora come ora è abbastanza difficile rispondere alla domanda "Cosa fai?" perché le mie abitudini da un po' di tempo a questa parte sono cambiate, la laurea mi ha dato tanto ma allo stesso tempo mi ha portato via molto; si è concluso un momento della mia vita, iniziato in prima elementare, che mi ha sempre etichettata come studentessa..mentre ora sono qualcosa di più ma per ora nemmeno io so cosa sono. Una cosa che so, però, è che sono una speaker radiofonica, da non molto tempo e non a tempo pieno però lo sono.

Siamo quindi quasi coetanei! Io però sono ancora uno studente perché... ma parliamo di te! Speaker radiofonica, questo è quel che interessa ai nostri lettori. Lavoro ''strano''. Da quando questa passione per la radio?
Davide se ce l'ho fatta io puoi farcela anche tu, ti sono vicina.
La radio, in un modo o in un altro mi appassiona da sempre. Quando ero più piccola non ci facevo caso, non credevo di avere questa grande passione.. più che per la radio la passione era per l'intrattenimento. Da bambina con mia sorella e le mie cugine mettevamo in piedi grandi spettacoli in cui cantavamo, ballavamo e io mi mettevo sempre a centro "palco", con un microfono in mano a raccontare barzellette. 
Poi alle superiori durante le assemblee di classe mi divertivo a fare la cronaca di quello che succedeva, parlavo con questo tono impostato da giornalista intervistando le mie compagne e sparando cavolate per ridere..mi è sempre piaciuto intrattenere, come si dice "tenere banco", anche nelle situazioni più sciocche. A tavola ad esempio, da piccolina giravo con un quadernetto di barzellette per avere sempre qualcosa di divertente da dire. 
Sembrano tutte sciocchezze che però, ad oggi, posso ricollegare a questa passione che si è poi palesata non molto tempo fa. Ero all'università, tra il primo e il secondo anno, lavoravo in un negozio il weekend e ogni volta che guidavo, la domenica mattina, verso il lavoro ascoltavo Laura Antonini di Radio Deejay; ogni sua parola, ogni sfumatura del suo tono di voce mi incantava e tra me e me pensavo "Quanto vorrei fare questo lavoro..". Volere è potere!

E dal volere al potere come ci sei arrivata? Ricordiamo che al momento sei la mia speaker radiofonica preferita (sono super sincero eh!) e lavori per radio Piterpan. Come hai fatto ad arrivare lì, col microfono davanti, in diretta, nello stereo della mia auto?
Grazie!! Questo è un complimento a cui non abituata perché mi sembra assurdo che qualcuno possa dire una cosa così bella di me, quindi mi fa davvero piacere. 
Tutto è iniziato proprio una domenica mattina, sai quando ti prendono quei momenti in cui senti la necessità di fare qualcosa per cambiare la tua vita? Ecco, in quel momento io mi sono detta "Ora o mai più". 
Ho mandato una mail a diverse radio per propormi, ovviamente puoi immaginarti quanto possa interessare ad una radio qualsiasi una ragazza che non ha esperienza, non sa neanche com'è fatta una radio, dalla parte del microfono ovviamente; non mi aspettavo una risposta, ci speravo e basta. L'unica risposta fu quella di Radiotreviso.it, una web radio locale che, fatalità (quando si dice essere nel posto giusto al momento giusto), cercava una voce femminile. La collaborazione con Radiotreviso.it non è stata molto lunga, è durata circa cinque mesi, però è stata fondamentale. Sono stata seguita da Carlo Flora che è un professionista ed una persona meravigliosa, mi ha insegnato alcuni trucchi, mi ha dato delle dritte e la possibilità di far sentire la mia voce sul web. Lì ho preso confidenza con il microfono e ho capito quanto mi piacesse il mondo della radio. 
Conclusa questa esperienza, a causa dell'università e del lavoro che mi rendevano impossibile fare qualsiasi altra cosa, mi sono presentata a Radio Ca' Foscari, la web radio di ateneo. Anche quella è stata un'esperienza grandiosa, perché avevo totale carta bianca quindi oltre ad essermi divertita moltissimo ho anche imparato molto, potendo mettere in pratica quello che mi era stato insegnato. 
Durante la mia collaborazione con Radio Ca' Foscari continuavo a ricevere complimenti sulla mia voce e sul mio modo di fare radio che, per una persona senza esperienza, era notevole. Allora ad aprile 2014 mi sono iscritta ad un corso di conduzione radiofonica tenuto da Simone Maggio, un altro grandissimo professionista che mi ha aperto un mondo. Il corso era a Milano una volta a settimana, quindi per quattro mesi ho fatto su e giù da Treviso a Milano, una fatica che non ti dico, nel frattempo ovviamente c'era anche l'università ed il lavoro..ero stravolta. Ma ne è valsa la pena, un'esperienza pazzesca! Sono uscita da lì con le idee chiare, nuove amicizie, con delle conoscenze e una demo. 
Non sapendo come raggiungere Radio Piterpan, che era il mio obiettivo, una sera sono andata ad un evento presentato da Andrea Nordio e a fine serata mi sono avvicinata per chiedergli consigli sul come entrare a far parte di Piterpan o almeno anche solo per far sentire la mia demo. Il giorno dopo mi sono presentata alla sede di Castelfranco, sono stati tutti gentilissimi..mi hanno fatta entrare, mi hanno indirizzata verso il direttore con il quale ho parlato. A fine conversazione avevo la sua mail e lui si aspettava la mia demo. È stato tutto molto veloce, il giorno dopo ero già lì ad affiancare Filippo Ferraro, che mi ha insegnato i trucchi del mestiere e che, insieme a tutti gli altri, mi ha permesso di arrivare fino allo stereo della tua auto.

14/05/15

Vietato far esplodere i distributori col cellulare.

Stavo sfrecciando per la strada col mio bolide, un'inarrestabile rossa aerodinamica elegante ma sportiva Dacia Sandero, quand'ecco che il gpl chiama... s'ha da fare il pieno! Raggiungo il benzinaio di fiducia, quello s'avvicina, gli dico ''Il pieno'' e lui inizia il suo lavoro.
Finché aspetto io che faccio? Prendo il cellulare e mi faccio i cavoli miei. Toc toc. Alzo lo sguardo. E' il benzinaio. 
''Non farti vedere che usi il telefono per favore che è vietato.''
''Cosa?''
''Non si può usare il telefono finché si fa il pieno. E' pericoloso.''
''E... cosa??''
''Guarda, non so che dirti, ma se guardi là c'è il cartello di divieto e io non voglio altri casini. Fosse per me non ci sarebbe problema ma mi hanno invitato più volte a farlo rispettare.''
''Okkei ma... cosa??? Cioè, perché?''
''Perché sennò esplode tutto.''
''Cosa?????''

Esplode tutto.
Esplode. Tutto!
Il cartello col divieto effettivamente parla chiaro. E' vietato utilizzare lo smartphone durante il pieno perché c'è il pericolo che l'interferenza tra onde elettromagnetiche e fumi del gas creino una reazione esplosiva. Boh. Io questa non l'avevo mai sentita. Qui c'è il potenziale per un'arma incredibile. Gente del califfato islamico, aprite le orecchie: vi basta chiamare il numero di un tipo che sta facendo benzina per farlo saltare in aria, sapevatelo! Che poi è strano. Io l'ho sempre usato, voi l'avete sempre usato, il mondo l'ha sempre usato. Non mi pare sia mai saltato per aria nessuno.
Ma in effetti, cercando sull'internet, qualche notizia a riguardo si trova. Ci sono alcuni avvisi diramati dalle compagnie fornitrici di benza, o meglio, avvertimenti, che suppongo esistano giusto per mettere le mani avanti nel caso di pieno col botto, e un paio di testimonianze di parecchi anni fa che raccontano di incidenti avvenuti durante il pieno e che in qualche modo relazionano l'evento all'attività telefonica della povera anima che voleva solo mollare la moglie senza doverla guardare in faccia. Quindi c'è da crederci?

Ho chiesto, nel dubbio, al caro amico Wolowitz, un quasi ingegnere così chiamato perché somiglia tanto a Wolowitz di Big Bang Theory. Se stai leggendo, caro Howard, beh... spero tu non stia leggendo. Comunque sia, dopo una risata, la risposta è stata che questi tizi dicono che le onde causate dalla chiamata potrebbero caricare elettricamente una parte metallica del telefono che a sua volta genererebbe una scintilla che potrebbe incendiare la benza. Eh, sì, e poi? Sticazzi non ce li metti?
Ovviamente lui non crede a ste cose, e io nemmeno, come non credo alle fate, all'olio di palma e a Nadal numero 7 del mondo. E in effetti sostiene sia più rischioso, rispetto al telefono, un accendino, o la stessa macchina che si carica da sola. Vabè, avete capito. Farò gpl senza telefono, senza accendini e senz'auto a sto punto. 

Voi comunque vi siete mai imbattuti in un cartello del genere? Avete mai provato il brivido della multa per aver ignorato una precauzione valida quanto una bufala? 
Io intanto mi immagino lì, a due passi dal distributore mentre mi fanno il pieno, a chiamare il tipo che mi sta in culo, e farlo saltare in aria camminando deciso con l'esplosione sullo sfondo stile Breaking Bad. Che ficata!

11/05/15

Il signore del Trenitalia.

''Attenzione. Il treno 45499, proveniente da Venezia Santa Lucia e diretto a Verona Porta Nuova, è inesistente. Riprovare più tardi o venire un altro giorno o andare a fare in culo. Ci scusiamo per il disagio.''

Voi la fate facile. Sì, proprio Voi, che vi lamentate vibrando bestemmioni nell'aere come fossero Wingardium Leviosà contro Trenitalia, poverella, se i treni fanno ritardo. Voi che magari dovete andare a lavoro, che siete lì lì per fare un esame e siete pendolari, voi che... insomma, la fate proprio facile. Ma vi siete mai chiesti il reale motivo di tutto questo disagio nell'organizzazione delle corse? Avete mai provato a porvi la domanda: ma perché cazzo 'sta Trenitalia non si sopprime lei piuttosto di sopprimere il treno che devo andare a trovare la morosa e sono già in ritardo e quella m'ammazza la testa?!
La risposta è: Luchino Perciccio. 

Luchino Perciccio è il dipendente pubblico più sottopagato, sfruttato e stressato dell'intero Stivale. Luchino Perciccio è la ragione per cui il vostro treno è Ci scusiamo per il ritardo!
Luchino nasce nel 1960, sin da piccolo ha la passione per i treni e in età adolescenziale è notato dall'insegnante di canto della parrocchia per il suo particolarissimo timbro vocale. No, Luchino non viene arruolato nel coro della messa domenicale, che è stonato come Loredana Lecciso, ma è segnalato direttamente al parroco come lettore ufficiale dell'omelia. Perché? Perché la voce di Luchino Perciccio è melodiosamente atona. Cioè priva di accenti, di inflessioni, di pathos, ma con uno strano piglio musicale. Praticamente è in grado di ipnotizzare i fedeli che ora ascoltano le parole del prete recitate da Luchino. E' un dono divino!
La svolta per lui avviene nel 1999. Dopo una giovinezza priva di significativi risultati scolastici, sentimentali e lavorativi, trova un impiego non troppo redditizio come speaker radiofonico per una stazione regionale. E' purtroppo cacciato a calci nel culo due anni dopo, per la disastrosa campagna di boicottaggio indetta dall'ANAS contro l'emittente per cui lavora: il suo programma di fatto, quand'è in onda, aumenta del 400% l'incidenza di incidenti automobilistici. La stessa voce atona e ipnotica che l'aveva reso celebre ora mostra i suoi lati peggiori. Sì perché non è solo la fine della carriera radiofonica il problema, bensì l'inizio della collaborazione con Trenitalia.
Luchino Perciccio è assunto a tempo indeterminato in un bunker sotterraneo situato sotto la stazione di Roma Termini. Da quel bunker Luchino lavora quasi tutto il giorno, tutti i giorni, perché gli piace. Se, ciao proprio. La realtà è che è stato rapito. Rapito dallo Stato, che ha scorto in lui il perfetto... il perfetto... rullo di canguri... sì ragazzi, stiamo per svelare la sua mansione per Trenitalia, nonché la risposta alla domanda iniziale... insomma, Luchino è il perfetto annunciatore di arrivi, partenze e ritardi dei treni.

Esattamente amici. Avete capito. Lui, da solo, rinchiuso nel bunker segreto, minacciato di morte, osserva e annuncia ogni singolo treno sul territorio nazionale. Vi siete mai chiesti perché in qualunque stazione voi andiate la voce del signore del Trenitalia è sempre la stessa? Registrazioni dite? Sveglia gente!!!111!11!!! E' rapimento! E' sequestro di persona! E' Luchino Perciccio che si sgola, pur mantenendo sempre, impeccabilmente, la sua particolarissima voce atona e dal piglio musicale, dicendovi ''Attenzione, il treno 45499, in partenza da Venezia Santa Lucia e diretto a Verona Porta Nuova, è in ritardo di 30 minuti. Ci scusiamo per il disagio.''
So che siete persone intelligenti. So che, di tutta questa storia, non credete alla panzana dell'incidenza di incidenti aumentata del 400%. Difatti l'ANAS è proprietà statale, come Trenitalia, e la sua campagna è stata solo una mossa strategica per appropriarsi di Luchino Perciccio, e sfruttarlo. Un rapimento alla luce del sole. I ritardi dunque? Sono semplicemente le normali difficoltà che una singola persona può avere nell'annunciare costantemente ogni singolo cazzo di treno in tutta la rete ferroviaria d'Italia. Non è lui ad annunciare i ritardi dei treni, sono i treni che tardano per permettergli di fare l'annuncio. Un lavoro infame il suo, una vita miserevole. 

Il punto è che... perché Trenitalia non si prende qualcun'altro? Perché sfrutta Luchino in questo modo? Perché si accolla i disagi che giustamente il povero Perciccio crea? Queste sì che sono ottime domande. E' quindi vostro dovere continuare a lamentarvi di Trenitalia, ma facendolo con la giusta motivazione, e gridando: Basta Ritardi! e Luchino Perciccio Libero! 

06/05/15

Wild e la ricerca della bellezza

Cheryl, sfinita, arriva nel punto più alto del pendio. Si sfila le calze e libera i piedi, pieni di vesciche e con un'unghia incarnita, e uno degli scarponi, disgraziatamente, rotola giù, giù, giù... 
La giovane urla con tutto il fiato in gola e in una manciata di secondi, assieme all'urlo, vedi cosa nasconde quel gesto disperato. Una singola scena da pelle d'oca, che vale tutto il film, credetemi.

Oggi si parla di Wild, film del 2014 per la regia di Jean-Marc Valleé, che riprende i ricordi della vera Cheryl Strayed che nel suo libro racconta la propria esperienza al Pacific Crest Trial, un sentiero escursionistico di oltre 4000km.

Cheryl un giorno decide di staccare la spina e cominciare a viaggiare, e armata di zaino (più grande di lei) e non troppa convinzione affronta un percorso in solitaria in mezzo alla natura selvaggia, lontana dalla civiltà. Una premessa questa, che ricorda molto un'altra pellicola di viaggio, Into the Wild, basata sulle memorie di quell'Alexander Supertramp col sogno fisso dell'Alaska, ma che in realtà prende tutt'altra direzione. Il racconto di Cheryl non è un allontanamento disgustato dalla società, o una sua critica, ma una fuga dalla propria vita per trovare una prospettiva diversa con cui guardarla, scacciando i propri demoni e imparando a convivere assieme ai rimorsi.

Il viaggio è un pretesto per raccontare ciò che la protagonista ha vissuto prima. I momenti di fatica, di bellezza, di paura, sono allora alternati a precisi flashback che approfondiscono man mano il passato di Cheryl, svelando di un'infanzia difficile con un padre alcolizzato, di un rapporto sentimentale travagliato col marito, di molte strade sbagliate e soprattutto, di una madre sempre presente anche se infinitamente distante da lei.
Altra grande protagonista, oltre a Reese Witherspoon, è quindi la fantastica Laura Dern, che interpreta una quarantenne amante dei propri figli e della propria vita nonostante tutto, una che ha deciso di rimettersi in gioco, anche tornando a studiare nella stessa scuola di Cheryl, una che guarda la vita col sorriso sulle labbra, perché in fondo, nonostante le difficoltà, si deve guardare alla bellezza.
Ed è proprio questa che Cheryl imparerà a trovare verso la fine del suo percorso, rivivendo e vivendo attimi di panico, di solitudine, di gioia immensa, di quiete e anche di dolore; imparerà ad andare avanti e a costruire qualcosa di nuovo, con lo stesso sorriso di sua madre.

Wild è un film consigliatissimo. Mai noioso, splendido visivamente, fortissimo per come alterna e mostra il momento del viaggio e l'interiorità della protagonista. E basta quella prima scena di urlo disperato per rimanerne conquistati.

02/05/15

Una sega in mezzo al mare.

Ti senti così piccolo, così niente, quando sei su una nave in mezzo al mare e il mare è a forza 9. Ci sarebbe da perdere la testa non fosse per il vomito. Lui sì che ti ricorda che ci sei, qui e ora, con lo stomaco indeciso che non sa dove mandarlo: un po' lo tiene, un po' lo manda su, il resto lo gronda sul comodino che gli si trovava a tiro. Che poi è tutto chiuso. Uno come me se ne sta in cabina a far niente, a distrarsi con la tv che stride qualcosa per distaccarsi due secondi dal tanfo del secchio stretto tra le gambe. Sia mai rotoli via!
Basterebbe una boccata d'aria. Aria, aria, aria fresca. Quella si farebbe un gran bene. E allora osservi dall'oblò e vedi il mare incazzato, e una porca troia di onda arriva e tu e il secchio e la tv e il comodino e il letto e la lampada andate giùùùù, e poi una spinta un po' verso destra e poi tutti di nuovo suuuu e... e come fai a non rimetterci pure l'anima, Cristo di un Dio?
Non è la prima volta mi capita. Ricordo impazzii di paura le altre. Il pensiero di finire tutti sott'acqua, assieme alle centinaia di tonnellate di container pieni come vacche all'ingrasso, non è proprio facile da scacciare. Eppure oh, il vomito, il vomito ti salva, nel suo tragico a nauseabondo savoir faire. Si potrebbe elogiare questa sua naturale propensione al saper prendersi le attenzioni di cui ha bisogno. All'inizio non ci fai quasi caso, ma poi con delicatezza ti posa una mano tutt'attorno alla pancia. Dapprima è leggera, poi comincia a stringere, lentamente, entrandoti dentro, muovendosi poco ma sempre più intensamente. Un'immagine quasi erotica penserete, qualcosa come una sega allo stomaco, in mezzo al mare, durante la tempesta. Romantico eh? E in effetti, come per la sega, ti concentri solo su quello nonostante il mondo là fuori impazzisca, ansimando di dispiacere, respirando più forte, cercando ossigeno... finché vieni, vieni ovunque e con tutto te stesso, un sussulto bollente che spinge dalle viscere. Già. 
Che schifo. Che paragoni. Ma non ce la faccio, sapete, a pensare ad altro. Sono su questa nave disgraziata, nel mare incazzato, nella cabina striminzita. E non scopo da tre mesi. Qualche porto l'ho anche visto ma... in tempo di tempesta ogni buco fa porto, mi vien da dire, e ci vorrebbe un bel porto sì, cazzo, così ci parcheggiamo la nave, il cazzo, e la finiamo pure con queste fottute tempeste tropicali dell'oceano. Perché ti senti così piccolo, così niente, quando sei su una nave in mezzo al mare, e il mare è a forza 9. E a sapere che ti ci sei ficcato da solo, in questo buco di culo, che puoi fare se non vomitare? Te lo dico io: una sega!